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Maria Teresa Novara: rapita a 13 anni, violentata e dipinta come prostituta

La terribile vicenda

Maria Teresa Novara, 13enne piemontese rapita per errore, venduta, ripetutamente violentata ed uccisa: ecco la sua storia in parte ancora avvolta nel mistero, raccontata in alcuni libri.

La storia

La ragazzina e la sua orribile morte

Era la notte 17 dicembre 1968: una ragazzina di 13 anni, Maria Teresa Novara, che dormiva in una casa di Villafranca d’Asti, venne rapita da due malviventi, Bartolomeo Calleri e Luciano Rosso, che erano entrati a rubare nell’abitazione di un uomo considerato facoltoso nel comune piemontese, Pasquale Borgnino. I rapitori credevano di aver rapito sua figlia, allo scopo di chiedere un riscatto, ma poi scoprirono che Maria Teresa era figlia di poveri contadini di Cantarana (Asti), che si era trasferita a Villafranca dagli zii perché abitavano più vicino alla sua scuola. Ormai Calleri e Rosso l’avevano portato via, segregandola in una cascina di Barbisa, una frazione di Canale d’Alba, in provincia di Cuneo. Per guadagnare comunque dal rapimento di Maria Teresa, decisero di venderla a facoltosi uomini del posto, dai quali la 13enne subì numerose – probabilmente decine – di violenze sessuali. Addirittura Calleri e Rosso, vedendo che ” l’affare fruttava”, organizzarono delle orge, a cui vennero chiamate a partecipare delle prostitute. Maria Teresa non lo era, ma si cominciò a malignare su di lei anche sui media, soprattutto quando i rapitori la costrinsero a scrivere una lettera ai genitori in cui affermava di essere fuggita di sua volontà e li esortava a non preoccuparsi, perché sarebbe “tornata ricca”. Moltissime persone, in realtà, sapevano ciò che stava accedendo, ma si guardarono bene dal denunciarlo. Nell’agosto del 1969 la situazione precipitò: Calleri e Rosso, che avevano continuato a dedicarsi ai furti, si erano gettati nel Po per fuggire dopo un colpo andato male; il primo morì annegato, l’altro venne arrestato, ma non disse nulla di Maria Teresa. Nel frattempo uno di quelli che aveva abusato di lei, vista la malparata, pensò di bloccare la presa d’aria del luogo dove la ragazzina era tenuta prigioniera in catene e lei morì per asfissia. A rendere ancora più tragica la sua vicenda, è il fatto che forse la rapita era ancora in vita, quando la polizia perquisì quel cunicolo una prima volta, senza però riuscire a trovare Maria Teresa. Non è finita: il procuratore astigiano dell’epoca, Mario Bozzola, subì pressioni per liquidare il caso, mentre la macchina diffamatoria nei confronti della vittima continuò. Sulle pagine di Famiglia Cristiana, per esempio, “si ritenne” di parlare di “degrado della fanciulla” e nel mondo politico ci fu chi, come il deputato del Movimento Sociale Italiano (MSI) Beppe Niccolai, si permise di sostenere che Maria Teresa fosse stata uccisa “dal vizio prima che dalla morte”. Luciano Rosso venne condannato a soli 14 anni di carcere, ma rimasero impuniti gli stupratori e gli assassini della ragazzina e non vennero nemmeno sfiorati dal giudizio mediatico e popolare.

La richiesta di aprire il caso e i libri

Il Tribunale e Maria Teresa Novara

A quasi cinquant’anni da quella squallida vicenda, nel giugno scorso c’è stato chi ha scritto al Tribunale di Asti chiedendo di riaprire il caso sulla morte della povera Maria Teresa: si tratta di Stefano Cattaneo, artigiano-contadino e scrittore del Milanese che da sette anni si documenta sull’argomento, avendo accesso agli atti del procuratore dell’epoca. Già autore con la collega Marilina Rachel Veca del romanzo “La Testa dell’Idra”, che trae spunto dal rapimento dalle violenze sessuali e infine dalla morte della 13enne piemontese, ha così scritto sempre con la Veca un libro intitolato “Anatomia di un delitto” (Casa Editrice Kimerik), in cui la tragica storia di Maria Teresa Novara viene ricostruita in modo più analitico, con tanto di testimonianze e spunti per un caso non ancora chiuso.

Un libro di approfonimento