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Antonio Maggio: intervista al cantautore salentino, tra amore e nostalgia

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"Vado pazzo per l’idea che debba essere riscoperta anche la musica, e l’unico modo per riscoprirla è, molto semplicemente, suonarla": le parole del cantautore italiano Antonio Maggio, intervistato in esclusiva da Notizie.it

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Antonio Maggio, noto cantautore italiano e vincitore del Festival di Sanremo 2013 nella categoria Giovani. Al centro della nostra breve conversazione, il quinto singolo del suo ultimo album: Serenata d’Oltreoceano.

Serenata d’Oltreoceano è un dipinto, il quadro di un amore nostalgico che spera di tornare

Serenata d’Oltreoceano, quinta canzone dell’album “Maggio”, pubblicato lo scorso marzo dall’etichetta Incipit Records, è un brano costellato di immagini: il mare, la luna, le candele…Potresti spiegarci il significato che hai scelto di attribuire a ciascuna di esse?

Trattandosi di una serenata atipica, poiché non viene suonata e cantata sotto la finestra dell’amata ma dall’altra riva di un oceano, il mare diventa complice di chi canta e suona per far arrivare, lungo le sue onde e per loro mezzo, un amore altrimenti impossibile fin dall’altra parte del mondo.
Un’altra immagine è poi quella dell’acqua, che sta a simboleggiare ciò che c’è in noi stessi, una bilancia tra quello che abbiamo dentro e quello che esterniamo fuori. La ricerca inesausta di un equilibrio.
La candela serve invece a illuminare la finestra andata deserta, vuota proprio perché l’amata non la abita, non si vi si può affacciare dato che si trova altrove, a un oceano di distanza.

In Serenata d’Oltreoceano ci presenti una concezione d’amore ben precisa, legata a doppio filo ai concetti di nostalgia e distanza, quando non proprio di assenza. Come mai hai voluto mettere in luce proprio questa faccia dell’amore?

In realtà nell’album illumino più facce dell’amore – e non parlo nemmeno soltanto di amore (tocco anche altre tematiche, sociali e non). Tuttavia, in un certo senso hai ragione: in Serenata d’Oltreoceano si parla effettivamente di un amore sofferente e drammatico, un amore che si cruccia della lontananza, insanabile e incolmabile, da cui nasce e di cui si costantemente alimenta. Un amore sofferente e drammatico al punto da spingere il protagonista della videoclip a gettarsi tra le onde del mare, pur di poter covare, almeno per qualche istante, l’illusione di raggiungere la propria amata.
Più che d’amore, l’oceano si fa quindi immagine di un desiderio che non incontra mai la propria realizzazione; di uno sforzo che tende, e che nel suo tendere, pur sapendo che non giungerà mai a destinazione, trova il proprio senso e la propria unica soddisfazione. Ecco, il tema di Serenata d’Oltreoceano è proprio questo: la chimera. Il miraggio che tutti noi inseguiamo quando sorvoliamo con lo sguardo le increspature che tappezzano di colori il dorso del mare. Il sogno che è anche, tragicamente, quello di migliaia di persone che da anni a questa parte attraversano il Mediterraneo rischiando la vita, spinti (per l’appunto) da un desiderio destinato, nella maggior parte dei casi, a rivelarsi una mera chimera.

Com’è nata l’idea di scegliere, proprio per questa canzone, la musica di Alessandro Quarta? Di duettare proprio col suo violino?

Con Alessandro siamo amici da più di dieci anni. In un primo momento, dato che anche lui è salentino come me, avevo pensato di coinvolgerlo in un altro brano dell’album, ovvero Quanto sei bella Lecce. Tuttavia, quando ha ascoltato Serenata d’Oltreoceano non c’è stato più niente da fare: la decisione l’ha presa lui. Il suono del suo violino, del resto, accompagna alla perfezione i toni nostalgici e romantici di cui è impregnato il testo della canzone. Il suo tocco magico, inoltre, riesce a conferire al brano un che di sensuale, rendendolo ancora più efficace. Non c’è che dire: devo ammettere che la sua è stata una scelta davvero azzeccata.

Ampliando un po’ il raggio: la presenza della musica viva – quella suonata, quella dell’orchestra – è costante nel corso dell’album. C’è o meno l’idea di rimettere la musica al centro?

Guarda, hai proprio centrato l’obiettivo di questo mio album. In un periodo come questo, che possiamo a buon diritto definire “post-pandemico”, per fortuna è in corso una riscoperta dei valori. In questo quadro generale di riscoperta, vado pazzo per l’idea che debba essere riscoperta anche la musica, e l’unico modo per riscoprirla è allontanarci da quello che sta accadendo negli ultimi anni in cui i dischi si possono fare persino con un computer senza nemmeno uscire dalla propria stanza. E qual è l’unico modo per ri-valorizzare la musica? Suonarla, molto banalmente. Da qui, la mia volontà di coinvolgere un’orchestra d’archi di 24 elementi, una sezione fiati…sempre con l’obiettivo di conferire autenticità e veridicità a tutto il disco. Del resto, a differenza che in altri progetti passati, in Maggio ho messo a nudo anche la parte testuale, rendendola più intima e introspettiva, e questa intimità si sposa perfettamente e necessariamente con un’acusticità sonora.

Infine, vorrei chiederti se consideri questo disco alla stregua di un progetto fatto e finito, o se invece ritieni che sia “soltanto” un inizio, la prima tappa di un percorso più ampio.

Maggio è ed è sempre stato un progetto in evoluzione. In realtà avevo già cominciato a produrre ben di più di queste sei tracce. Tuttavia, a lavori in corso ho deciso che era più rispettoso nei confronti del mio lavoro dividerlo in due tronconi. L’epoca attuale, estremamente digitalizzata, ci spinge spesso e volentieri a disperdere l’impegno e gli sforzi che si celano dietro ciascuno dei pezzi che compongono i dischi che ascoltiamo. Per questo, affinché la qualità dei singoli brani che compongono il mio album non andasse persa e dis-persa ho deciso così: di farne uscire una parte adesso e un’altra l’anno prossimo.