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Conte parte all’attacco di Meloni: “Sul salario minimo vuole una guerra tra poveri. Fa lobbismo di Stato”

Conte contro Meloni sul salario minimo

Il leader del M5S si è scagliato contro il premier Giorgia Meloni, contestando il suo rifiuto all’introduzione del salario minimo.

Sono parole dure e cariche di delusione quelle che il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha pronunciato contro il presidente del Consiglio Giorgia Meloni su temi come il salario minimo, i migranti e la tassa sugli extraprofitti delle banche.

Conte contro Meloni sul salario minimo

“La guerra tra poveri è un modus operandi del governo. Dalla sanità alla prescrizione, questo governo non esprime una visione, ma cerca di tenersi buone le lobby. È un lobbismo di Stato, un corporativismo che finisce per fare gli interessi di categorie pressanti. Questa destra, se prima era sociale, è diventata asociale”. È questo il durissimo attacco sferrato da Conte contro l’esecutivo di centrodestra guidato dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

“Per racimolare qualche voto alle Comunali, Meloni ha parlato delle tasse come pizzo di Stato, creando una cultura tossica che disincentiva i contribuenti dal pagare il dovuto. Le strizzate d’occhio ai furbi e ai furbetti, il caro mutui e il caro affitti giustificano la prospettiva che in autunno il governo si troverà ad affrontare”, ha tuonato ancora il presidente del M5S. L’invettiva dell’ex premier, tuttavia, non si è arrestata qui. Il leader pentastellato, infatti, ha minuziosamente passato in rassegna le mancanze e gli insuccessi collezionati del Governo Meloni facendo riferimento a migranti, salario minimo ed extraprofitti. Le dichiarazioni di Conte, rilasciate a diversi quotidiani come Il Corriere della Sera, la Repubblica e la Stampa, sono state concepite come una replica all’intervista di Meloni nella giornata di lunedì 14 agosto in occasione della quale aveva trattato differenti e mostrato apparentemente una parziale apertura al salario minimo.

La prima battaglia delle opposizioni

“Per alcune categorie si può anche prevedere”, ha detto il premier al Corriere. Le parole di Meloni hanno scatenato l’ira di Conte ha voluto mettere un punto ai compromessi, una volta per tutte. “Se l’obiettivo è spaccare il Paese e dividere i lavoratori, dopo averlo fatto già sul reddito di cittadinanza e sull’autonomia, noi non siamo disponibili. Vogliamo riconoscere dignità del lavoro a quasi 4 milioni di lavoratori, loro invece vogliono lasciarne una parte indietro”, ha asserito.

Per l’ex premier, il vertice a Palazzo Chigi è stato “surreale” in considerazione del fatto che, dopo aver trascorso gli ultimi quattro mesi a discutere il tema in Parlamento, l’esecutivo non ha formulato nessuna proposta né ha presentato una soluzione. “L’unica idea è quella di valorizzare il Cnel di Brunetta, che peraltro è stato già audito. È finito il tempo per studiare ed è il momento dell’azione”, ha sottolineato Conte.

Ma le opposizioni vanno avanti compatte sul tema del salario minimo. Unica eccezione è Italia Viva di Matteo Renzi che si è sfilata dalla battaglia. Gli altri partiti della minoranza, invece, hanno come obiettivo quello di spingere sulla raccolta firme recentemente avviata per fare pressione sul Governo. “Abbiamo il Paese dalla nostra parte. La risposta dei cittadini alla raccolta firme è stata entusiasmante, 100 mila firme in un giorno. In autunno faremo contare la voce dei lavoratori, anche di quelli di centrodestra che il governo non vuole ascoltare. Di lavoro povero il governo che ha tagliato il reddito di cittadinanza non dovrebbe parlare, perché in quella platea c’erano 200mila persone che lo prendevano per integrare uno stipendio molto basso”, ha ribadito Conte.

Commentando le critiche arrivate da Meloni rispetto al fatto che la proposta delle opposizioni non specificasse i costi della misura e le agevolazioni destinata agli imprenditori per semplificare la transizione verso il salario minimo, il leader pentastellato ha ribattuto: “Sono diversivi. Abbiamo lasciato al governo il compito di stabilire la durata, l’importo e l’estensione delle agevolazioni, perché in agosto non avrebbe senso anticipare le coperture dell’intervento, se si deve ancora affrontare la legge di bilancio. Ma se il tema è davvero questo, siamo disposti a scrivere noi quel capitolo della manovra”.

Conte sulla tassa sugli extraprofitti delle banche: “Norma scritta in ritardo e in modo raffazzonato”

Non solo salario minimo. Il presidente del M5S ne ha anche sugli extraprofitti. Dopo aver rimarcato che quella sul salario minimo è la prima battaglia che le opposizioni porta avanti come un fronte unito e compatto, ha ammesso che potrebbe non essere l’ultima. “Abbiamo trovato una convergenza su una nostra proposta storica. Confido in pari convergenza su tante altre battaglie che potremo combattere in futuro, e altre ancora già ci sono”, ha detto.

Il principale ostacolo a qualsiasi mossa della minoranza, tuttavia, è dato dal fatto che i partiti della maggioranza sono, al momento, ben saldi a fronte dei vari dissapori interni. “Non credo si sfalderanno. Sono cementati dal potere”, ha ammesso Conte. “Credo invece alla disillusione di chi li ha votati. D’altronde, l’unica battaglia vinta da Meloni è quella contro il rave party di Modena. Per il resto registriamo solo sconfitte e giravolte, dal pos alle accise sulla benzina, dalle trivelle al Mes, fino ai migranti”.

Concentrandosi sulla tassa sugli extraprofitti delle banche, poi, l’ex premier ha sottolineato che proprio questo è uno dei più recenti e significativi momenti di tensione tra Meloni e Forza Italia. “Hanno seguito una nostra ricetta, scrivendola con ritardo e in modo raffazzonato”, ha commentato. “Andavano coinvolti gli operatori del settore. Così com’è non porterà introiti significativi, e andrebbe estesa anche ai settori bellico, farmaceutico e assicurativo. Meloni ne parli con Crosetto e potrà verificare che l’industria bellica in Europa ha segnato un più 23% in Borsa da inizio anno”, ha concluso.