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Coronavirus in Italia: crolla l'economia e i politici cambiano tono

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A causa della paura del contagio da Coronoavirus e delle restrizioni imposte dalla politiche, crolla l'economia italiana. E ora la politica cambia tono.

«Si, la situazione è difficile. Ma poi non così tanto». Cambia i toni Attilio Fontana, proprio lui che qualche ora prima aveva buttato giù il telefono in collegamento col premier Conte, sentendolo minimizzare l’efficacia delle mascherina e polemizzare sui presunti mancati protocolli attuati da qualche ospedale della sua regione.

Parole «inaccettabili» per il governatore lombardo: «Con che coraggio attacchi medici e infermieri che stanno a lavorare mentre tu te ne vai in televisione dalla D’Urso», gli avrebbe urlato, secondo quanto rivelano fonti presenti al vertice di martedì nella sede della Protezione civile, chiudendo la conversazione con un «vaffa… cialtrone».

Quindi il chiarimento e il brusco cambio di rotta: «Il virus è molto aggressivo nella diffusione ma poi nelle conseguenze molto meno, fortunatamente è poco più di una normale influenza» dichiara adesso Fontana, tra i sostenitori del “pugno duro” contro il morbo, che – d’accordo con la task force ministeriale – ha svuotato in un weekend vie, piazze e locali, riducendo intere frazioni di territorio a lande desolate di sequestrati in casa.

E facendo così crollare l’economia, reale e non, della locomotiva italiana. Anche l’ipotesi ventilata il giorno prima da Conte, di avocare al governo i poteri in materia sanitaria, è rientrata dopo la severa bocciatura di Fontana: “Parole in libertà che mi auguro siano dettate dalla stanchezza e dalla tensione – aveva detto – la Lombardia sta dimostrando di essere all’altezza della situazione alla faccia dell’autonomia e dei pieni poteri”.

Certo «è un virus particolarmente rapido e capace di infettare, – spiega ora il governatore – ma il numero è alto anche perché la nostra Regione ha deciso di iniziare un’attenta valutazione delle persone che hanno le condizioni per essere ritenute affette: chiaro che facendo tanti tamponi abbiamo trovato tanti colpiti da questa infezione».

I casi, insomma, sarebbero saltati fuori lì dove la sanità funziona meglio e sono direttamente proporzionali ai controlli effettuati, tanto che ora si sta valutando di effettuarli solo su malati gravi, con sintomi chiaramente riferibili all’infezione, anziché a campione.

Dunque, dopo un paio di giorni in cui siamo finiti sui social di tutto il mondo con le immagini di supermercati svuotati, farmacie assaltate, scuole, stadi, bar, ristoranti, negozi e uffici pubblici chiusi, facendo schizzare le azioni delle amunichine, pare che tutto sommato la situazione non sia così grave. E, neanche tanto lentamente, si sta pensando di rivedere alcune misure un po’ troppo drastiche.

Lo stesso Conte, di fronte all’allarmismo creato anche all’estero, smorza l’alert: «L’Italia è uno stato sicuro, abbiamo un sistema sanitario eccellente», afferma, ammettendo che quella attuata è in effetti una “terapia d’urto”.

Ci saremmo quindi tirati addosso la croce da soli, per un eccesso di zelo: nell’estrema solerzia, se non ossessione, di andare a rintracciare fino all’ultimo possibile sospetto, scatenando una caccia all’uomo per individuare perfino il paziente “0”, abbiamo finito col dipingerci a livello globale come il paese degli appestati. Ma per quanto tempo ancora ci potremo permettere di sprangare procure, municipi, palestre? E perché non supermercati, fabbriche, stazioni e aeroporti? In che mondo dovremo prepararci a vivere, per una influenza?

A chi non basta lo sfogo su Facebook della direttrice analisi del Sacco e pensa che il cauto dietrofront nasconda solo premura politica verso business miliardari internazionali come il turismo, nazionali come il calcio, e lombardi in particolare come moda e terziario, giunge a conforto anche la posizione squisitamente scientifica dell’Organizzazione mondiale della sanità: «Occorre ridimensionare l’allarme, il 95% dei pazienti guarisce, l’epidemia in Cina sta rallentando, Pechino ha messo in atto misure senza precedenti» e soprattutto gli antivirali già in sperimentazione in Usa e Cina «promettono un terapia efficace».

«Giusto non sottovalutare la malattia, – sostiene il portavoce italiano dell’Oms Walter Ricciardi – che però va posta nei giusti termini: su 100 persone malate 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili in ambiente sanitario e solo il 5% muore: tutte le persone decedute avevano già condizioni gravi di salute».

La manciata di decessi avvenuti fuori dal focolaio cinese hanno riguardato pazienti con patologie respiratorie e cardiache pregresse. C’è da scommettere che ci si sarà prodigati come non mai per salvargli la vita: l’avrebbero persa anche se li avesse colti una “normale” polmonite? L’Istituto superiore di sanità documenta una media annua di 300-400 morti dirette di influenza stagionale e 6-7000 indirette, per sopraggiunte complicanze polmonari e cardiovascolari.

Probabilmente, nell’immediato, l’unica soluzione sarà imparare a convivere con il Coronavirus e capire che, in attesa dei farmaci specifici, è possibile prevenire e guarire da questa infezione come dalle altre che conosciamo. E per cui non ci è mai saltato in mente di evacuare o isolare comuni e province, facendo crollare la Borsa e mettendo a rischio la diplomazia internazionale.