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Infermieri a domicilio: "O la Regione ci paga il dovuto o falliamo"

infermieri a domicilio Lombardia

Gli infermieri che assistono a domicilio i malati di coronavirus protestano contro la Regione Lombardia. Per loro nessun tampone né rimborsi.

Dopo la protesta degli infermieri piemontesi impegnati nella lotta al coronavirus, è il turno dei colleghi lombardi. Gli infermieri a domicilio, infatti, hanno protestato nei confronti della Regione Lombardia, dalla quale non si sentono sufficientemente tutelati.

Infermieri a domicilio contro Regione Lombardia

Nonostante vadano incontro quotidianamente a un grande rischio, la Regione Lombardia non fa i tamponi agli infermieri che assistono a domicilio i malati di Covid-19 con ossigenoterapia e altre cure ritenute fondamentali, evitando così la corsa agli ospedali e il collasso delle strutture sanitarie. Mancano persino i rimborsi dei soldi investiti dalle cooperative e dalle imprese, impegnate a fornire i dispositivi di protezione agli operatori sanitari, affinché possano esercitare la propria professione in condizioni di massima sicurezza.

Lo denuncia Massimo Sparpaglione, presidente dell’associazione ASSEDO, che chiede la giusta retribuzione per evitare il rischio di fallire. “Il nostro sistema sanitario deve capire che se noi andiamo in giro per il territorio ci deve essere data la possibilità di fare i tamponi. Alcuni dei nostri associati sono riusciti perché avevano pazienti Adi Covid e le strutture dove andavano gli garantiva il test. Per molti altri non è accaduto. Questi tamponi andrebbero fatti in modo continuativo perché, se anche sono negativo oggi, non è detto che lo sia dieci giorni dopo, visto che continuo a visitare pazienti”, ha spiegato Sparpaglione all’Agi.

I rimborsi

Sul problema dei rimborsi, ha fatto sapere: “Quando andiamo nelle case, garantiamo che i nostri operatori e i pazienti siano protetti, non diventando veicoli di diffusione. Dopo due mesi e mezzo dall’inizio di questo servizio che ci è stato detto dalla Regione non sappiamo quanto ci pagheranno e se ci pagheranno per l’acquisto dei dispositivi”. Quindi ha aggiunto: “Abbiamo fatto presente nelle diverse mail inviate alla Regione e alla Prefettura che gli erogatori di servizi non possono sopportare spese ben al di sopra delle remunerazione riconosciuta. Il rischio è che falliscano con le ovvie conseguenze nefaste per gli assistiti”. E ancora: “Il limite di budget sarà raggiunto ben prima della fine del 2020. Noi stiamo dando questo servizio senza avere la certezza di un pagamento. Questo perché “non hanno mai voluto stabilire quanto è. Stiamo sostenendo costi molto elevati. Chiediamo che ci sia un rapporto equo e condiviso al servizio della collettività”.

Il reperimento dei dispositivi di protezione individuale è ancora difficile e non sempre immediato. I costi a cui far fronte sono numerosi. “A oggi la fornitura dei Dpi o non rispetta i tempi o viene fermata dalle autorità doganali. Come potrei dire ai miei pazienti che ho finito le mascherine e non posso più venire a farti assistenza in casa?”.

Alle diverse richieste di aiuto mandate in questi mesi da ASSEDO, “la Regione non ha mai risposto mentre la Prefettura ci ha fatto sapere che ha iniziato un percorso di verifica”.