Il giudice sul caso dei carabinieri di Piacenza ha respinto le richieste di scarcerazione. Questa la decisione del Gip Luca Milani, a seguito degli interrogatori di garanzia tenutisi nei giorni scorsi. Nonostante ritenesse attenuato il rischio di reiterazione del reato, ci sarebbe la possibilità di inquinamento probatorio.
Carabinieri di Piacenza: la scelta del giudice
L’indagine sui carabinieri di Piacenza, arrestati lo scorso 22 luglio 2020, è ancora in corso. Dagli interrogatori è emersa una versione dei fatti diversa, oltre che differenze tra quanto riferito da chi del gruppo ha deciso di rispondere e Giuseppe Montella. La figura chiave dell’inchiesta Odysseus della Procura piacentina avrebbe reso dubbiose tali dichiarazioni e, per questo motivo, non è escluso che, a partire da quanto emerso, altre persone possano essere iscritte nel registro degli indagati.
L’indagine sui carabinieri è in corso
Nessun legame invece con la ‘ndrangheta, nemmeno con gli spacciatori arrestati, che collaboravano con il gruppo di carabinieri. Secondo i primi accertamenti della Dda di Milano, è questo quanto risulta. Anche il deposito di Gaggiano, nella provincia milanese, sarebbe estraneo a legami con la mafia: qui venivano stoccati i rifornimenti di hashish e marijuana.
Il pm Stefano Ammendola sta seguendo l’indagine con la Dda milanese, dopo aver ricevuto gli atti da parte della procuratrice di Piacenza, Grazia Pradella. L’ipotesi di contatti con la ‘ndrangheta nasce a seguito di alcune intercettazioni, durante le quali Montella parla con la compagna Maria Luisa Cattaneo di “calabresi” che definisce “pezzi grossi”. In questa occasione, l’appuntato si riferiva a Daniele Giardino, fornitore di droga secondo l’accusa, che avrebbe dimostrato timore per possibili ritorsioni da parte dei calabresi.