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Delitto di Cogne, l’ex procuratore non ha dubbi: “Resto convinta che la Franzoni sia colpevole”

Annamaria Franzoni

Maria Del Savio Bonaudo è "convinta" che Annamaria Franzoni sia la colpevole del delitto di Cogne che sconvolse l'Italia e divise il paese sul suo autore

A 20 anni dal delitto di Cogne l’ex procuratore che ebbe quel terribile caso giudiziario tra le mani non ha dubbi: “Resto convinta che Annamaria Franzoni sia colpevole”. In merito all’omicidio del piccolo Samuele Lorenzi parla l’inquirente che accusò la madre, l’ex procuratore Capo di Aosta Maria Del Savio Bonaudo, che coordinò le indagini con il Sostituto Stefania Cuggia e che diede passo procedurale ad un fascicolo giudiziario culminato con la condanna della madre della vittima.

“Convinta che la Franzoni sia colpevole”: la verità giudiziaria da dimostrare che però prese forma fin dagli esordi

E la dottoressa Bonaudo lo ha chiarito subito in una lunga intervista all’Unione Sarda: la sua certezza non è figlia dei gradi procedurali che via via certificarono la colpevolezza della Franzoni, ma del fatto che c’erano già le prove della sua colpevolezza quando si trattò di indagare e poi imputare la Franzoni in primo grado. E gli intoppi? L’ex requirente capo non ha dubbi: appeal mediatico e commozione suscitata dal caso non fecero bene alla sua parte procedurale. Ha detto la Bonaudo: “Le famiglie di Cogne si sono allarmate, pensavano ci fosse in giro per il paese un ‘mostro’. Così sono andata in tv per tranquillizzare la popolazione”.

Il momento clou dell’indagine: le tracce di sangue sulle ciabatte della madre

E ancora: “All’inizio non ho mai detto che era stata la mamma. Abbiamo fatto tutte le indagini possibili, abbiamo sentito e monitorato tutti i possibili ‘sospetti’ indicati dalla famiglia”. La svolta fu tecnico forense: “Poi i Ris dei Carabinieri hanno rilevato il sangue sulle ciabatte ed è stato trovato il pigiama sotto le lenzuola. Insomma si è chiarito che non poteva che essere stata la madre. Avevamo le prove, sono state raccolte bene”. E in chiosa procedurale: “Rispetto ad altre inchieste simili questa non è stato possibile scalfirla”.

Le fughe di notizie e la rivelazione: “Ecco chi fu la talpa che fece uscire quella sul pigiama”

La coda della vicenda era anche legata alle fughe di notizie che rischiarono di inquinare le indagini: “Tutti ci chiedevano una risposta veloce ma per dare una risposta ci voleva il tempo di fare le indagini. Quello che mi ha fatto più male è stata la pubblicazione su alcuni quotidiani della notizia che l’assassino indossava il pigiama“. Poi la spiegazione e la rivelazione su chi fosse stata la “talpa”: “Noi lo sapevamo perché ci era stato anticipato ma non potevamo chiedere una misura cautelare sulla base di informazioni orali, avevamo bisogno di una relazione scritta. La gente si chiedeva come mai non l’arrestavamo. È stato un momento difficile. Anche per l’immagine di inefficienza o incapacità che potevamo dare. Non sapevo chi avesse fatto trapelare la notizia, l’ho scoperto anni dopo: era stato un mio sostituto procuratore, forse deluso perché non gli avevo affidato il caso, e questo mi ha fatto ancora più male”