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Notre-Dame, nell'incendio abbiamo perso solo il nostro senso critico

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Bene, Notre Dame, pian piano risorgerà. Quello che ancora non sembra risorgere è il senso critico di buona parte dell'opinione pubblica.

Un terzo del tetto e una guglia di Notre Dame, non ci sono più. Su un punto bisogna capirsi: l’incendio, scatenatosi il 15 aprile e domato nella notte del 16 aprile, è stato aggressivo ma la cattedrale simbolo di Parigi e della Francia è in piedi, ammaccata ma integra per buona parte della sua totalità.
Ubicata nella parte orientale dell’Île de la Cité rappresenta una delle costruzioni gotiche più celebri del mondo ed è uno dei monumenti più visitati di Parigi. I lavori di costruzione si sono estesi per quasi cento cinquant’anni, dal 1163 fino al 1344. Dal 1862 è Monumento Storico di Francia. Dal 1991 patrimonio Unesco.

Notre-Dame, l’incendio e le reazioni

La buona notizia, al netto di tutto, è che la struttura è claudicante ma salva, assieme alle opere d’arte interne e ad affermarlo è il sottosegretario all’Interno, Laurent Nunez. Ma soprattutto è confortante sapere che la famiglia Pinault, a capo di Kering, il gigante del lusso che controlla tra gli altri Gucci e Balenciaga, ha annunciato la donazione di 100 milioni di euro. Così come la Total, con una donazione della stessa somma. 200 milioni invece sono stati promessi da Bettencourt e l’Oréal.

Bene, Notre Dame, pian piano risorgerà. Quello che ancora non sembra risorgere, come una brutta copia dell’araba fenice, è il senso critico di buona parte dell’opinione pubblica. E la reazione, personalmente, nemmeno sorprende più di tanto. Tonfo su tonfo. La notizia se da una parte è stata commentata con melenso ma tuttavia tollerabile accoro, dall’altra, in modo del tutto non tollerabile, è stata accolta con sguardo professionistico da chi professionista non è; a tratti con gaudio, perché si sa, benché ancora non siano note le cause, la logica e l’intuito dei leoni da tastiera sono incontrovertibili. Così ad appiccare il fuoco saranno stati i gilet gialli, forse i musulmani, in ogni caso qualcuno era anche felice che i cugini d’oltralpe avessero perso buona parte del loro simbolo nazionale.

Tra retorica e speculazione

Che poi, a ben vedere, la prima falla in questa analisi ontologica tutta social dell’accaduto sta già nell’appropriare i francesi di un monumento che non appartiene solo a loro, ma all’umanità stessa, a quello strascico denso di storia di cui facciamo parte. Sarebbe bene interrogarsi sulla retorica e la finalità su cui si poggiano certe reazioni social. Eppure non sovviene alcuna soluzione e giustificazione verso la speculazione di un evento di tale portata per la cultura internazionale, al fine di ideali politici.

Al netto, poi, di certi titoli di giornale sensazionalistici, pronti a cavalcare l’onda del sentimento comune sui quali è meglio stendere un velo.
La vignetta con Quasimodo che abbraccia Notre-Dame era passabile, a tratti simpatica; passino anche le varie “strette al cuore”: a ognuno il suo modo di addolorarsene. Il punto è che invece il lucro sensazionalistico non può essere tollerabile. Nel rogo abbiamo perso solo un’altra occasione per tacere.