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Gaza, 60 morti e 2.400 feriti negli scontri con Israele

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Resta alta la tensione tra Gaza e Israele dopo la Giornata della Rabbia palestinese contro l’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme.

Tensione ancora altissima tra Israele e Territori Palestinesi. Il 14 maggio 2018 lo Stato ebraico ha celebrato il 70°anniversario dalla sua fondazione, ma per gli arabi, che non l’hanno mai accettata, rappresenta la “nakba”, “il disastro”, “la catastrofe”, “il cataclisma”. Lunedì 14 e Martedì 15 maggio, prima a Gaza e poi in Cisgiordania hanno avuto luogo veementi proteste, a cui l’esercito israeliano ha dovuto rispondere. Nella Striscia gli oltre 50 morti del 14 maggio sono già saliti a 60, tra cui una bimba di otto mesi. Duemila e quattrocento i feriti. In tutti i Territori è stato indetto uno sciopero generale.

A far riesplodere le ostilità, è stata la decisione del presidente americano Donald Trump d’inaugurare proprio il 14 maggio l‘ambasciata americana a Gerusalemme, riconoscendo così come capitale dello Stato ebraico la città contesa tra Israele e palestinesi, ebrei e musulmani. L’annuncio dello spostamento della sede diplomatica statunitense da Tel Aviv, era avvenuto nel dicembre 2017, riaccendendo le ostilità mai cessate tra i due popoli e un mare di polemiche a livello internazionale.

La targa

La situazione

I palestinesi avevano chiesto alle Nazioni Unite un’indagine indipendente sui morti causati dalle “forze di occupazione” israeliane, incontrando tuttavia il veto americano in Consiglio Generale.

Israele ha sostenuto che almeno ventiquattro persone uccise a Gaza fossero “terroristi nell’atto di compiere atti di terrore” (aveva avvertito che qualunque palestinese “troppo” vicino alla barriera difensiva israeliana, avrebbe subito il trattamento riservato a costoro).

Purtroppo, però, tra i morti c’è anche la piccola Leila Anwar Gandour, di otto mesi, probabilmente soffocata dai gas lacrimogeni. La bimba era rimasta a casa con lo zio, ma dato continuava a piangere, l’uomo aveva deciso di portarla dalla madre, che si trovava con il marito in una tenda nei pressi della barriera, al contrario di quanto stabilito da Israele.

L’America, difendendo l’operato israeliano per far fronte alla (nuova) Giornata della Rabbia palestinese, hanno affermato che “nessun Paese in questa situazione agirebbe con più moderazione di quanto ha fatto” lo Stato ebraico.

Invece Nikolay Mladenov, coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, nel corso della riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza sugli accadimenti a Gaza, ha affermato che Israeledeve calibrare l’uso della forza e proteggere i suoi confini ma farlo in modo proporzionato”. Hamas, dal canto suo, è tenuto a“non usare le proteste per mettere bombe e compiere atti provocatori”. Il responsabile delle Nazioni Unite ha aggiunto che“La comunità internazionale deve intervenire e prevenire una guerra”. Anche perché la Striscia si trova già in una situazione “disperata”.

Implicazioni internazionali

La nuova esplosione del caos tra israeliani e palestinesi, non avrebbe potuto che comportare gravi conseguenze dal punto di vista internazionale. La Turchia e Israele hanno espulso da Ankara e Gerusalemme i rispettivi ambasciatori e in Europa, Bruxelles ha convocato quello israeliano.