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Achille Costacurta, tentato suicidio e rinascita: il difficile cammino verso una nuova vita

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Achille Costacurta e la lotta contro se stesso: il tentato suicidio, le comunità e la risalita. Le sue parole al Corriere della Sera.

La storia di Achille Costacurta è il racconto di un percorso difficile, segnato dal peso della notorietà familiare, dall’impatto delle dipendenze e da una lunga lotta interiore. È la testimonianza di come anche chi nasce in un contesto privilegiato possa trovarsi a combattere contro ombre profonde, fino a sfiorare il baratro, per poi risalire grazie a un percorso di cura e consapevolezza.

Il giovane torna a raccontarsi un’intervista al Corriere della Sera.

Achille Costacurta: un’infanzia sotto i riflettori e la discesa nell’oscurità

Crescere all’ombra di due figure note come Billy Costacurta e Martina Colombari può sembrare entusiasmante, ma per Achille Costacurta quell’entusiasmo si è presto trasformato in un fardello. Lui stesso riconosce che “da piccolo poteva essere stimolante, col tempo è diventato pesante“.

Il giovane, oggi ventunenne, ripercorre un passato complesso fatto di dipendenze, ricoveri forzati, fughe dalle comunità e un tentativo di suicidio che lui definisce «un gesto disperato». L’ingresso nelle sostanze è stato precoce: “Al primo anno di liceo fumavo hashish tutti i giorni“, confessa, spiegando come da lì sia iniziata una spirale di abusi, psicofarmaci e sette trattamenti sanitari obbligatori.

A rendere tutto più difficile, la sensazione costante di essere osservato e giudicato, un peso che lo ha accompagnato per tutta l’adolescenza: “Molti ragazzi si avvicinavano perché ero nato in quel contesto“. Una pressione che, col tempo, ha incrinato anche l’equilibrio familiare, lasciando ferite ancora vive.

“Hashish, crack, 7 Tso, il tentato suicidio. Mi hanno salvato così”, la confessione di Achille Costacurta

Il punto di svolta è arrivato in Svizzera, alla clinica Santa Croce, dove un’équipe di specialisti – che Achille definisce «giganti» – ha finalmente individuato l’Adhd che condizionava da anni il suo comportamento. “Mi hanno aperto gli occhi su tante cose“, racconta, riconoscendo in quel periodo una vera rinascita. Guardando indietro, non rinnega il suo percorso, se non per il gesto più estremo: “Di questo mi pento“. Il resto, dice, gli ha permesso di comprendere se stesso e di rendere più solida anche la sua famiglia.

Oggi sa che il cammino non è finito: “Il percorso finisce quando finisce il tempo, quando muori“. Porta con sé il ricordo di amici che quel percorso non sono riusciti a completare, come Jonis o Tatiana, e questo gli dà ulteriore forza per andare avanti.

Ora si prepara a finire gli studi e immagina un futuro dedicato agli altri: sogna infatti di aprire un centro per giovani con disabilità, oppure di trasferirsi in Australia per lavorare, studiare e costruire una vita nuova. Perché, come ripete, “ciò che abbiamo davanti dipende da noi“.