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La Cassazione condanna la Lega per i cartelli anti migranti esposti a Saronno nel 2016

Il partito di Matteo Salvini dovrà risarcire le associazioni che gli avevano fatto causa

Il partito di Matteo Salvini dovrà risarcire le associazioni che gli avevano fatto causa

Durante una manifestazione di protesta a Saronno (Varese) convocata, nel 2016, dai leghisti, perché a un centro di assistenza erano state assegnate 32 persone migranti da ospitare, i cartelli affissi dalla Lega dicevano: “Saronno non vuole i clandestini. Vitto, alloggio e vizi pagati da noi. Nel frattempo, ai saronnesi tagliano le pensioni e aumentano le tasse, Renzi e Alfano complici dell’invasione“. Si trattava di uomini e donne che avevano fatto richiesta di asilo ed erano in attesa dell’esito della domanda: in nessun modo erano, quindi, immigrati irregolari o ‘clandestini’.

Lo ha confermato la Cassazione che, il 16 agosto, ha respinto il ricorso della Lega e ribadito l’obbligo di risarcimento verso le due associazioni che avevano intentato una causa sette anni fa.

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La sentenza

“Gli stranieri che fanno ingresso nel territorio dello Stato italiano perché corrono il rischio effettivo, in caso di rientro nel Paese di origine, di subire un ‘grave danno’, non possono, a nessun titolo, essere considerati irregolari e non sono dunque ‘clandestini‘”, si legge nel testo della sentenza.

Le due associazioni

Hanno avuto ragione, quindi, l’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e il Naga (Associazione milanese di volontari per i diritti dei cittadini stranieri). Le due associazioni avevano portato la Lega (locale e nazionale) in tribunale sette anni fa, e i primi due gradi di giudizio avevano già dato loro ragione, nel 2017 e nel 2020.

La linea delle associazioni era che usare il termine ‘clandestini’ fosse una ‘molestia discriminatoria‘ cioè “un comportamento idoneo a offendere la dignità della persona e a creare un clima umiliante, degradante e offensivo“.

Al contrario, gli avvocati del partito di Salvini avevano invocato il diritto di un partito politico a manifestare liberamente la sua posizione. Per la Corte, però, “il diritto alla libera manifestazione del pensiero, cui si accompagna quello di organizzarsi in partiti politici, non può essere equivalente o addirittura prevalente sul rispetto della dignità personale degli individui“, soprattutto per individui in situazioni di fragilità.

La sentenza, benché riferita a una vicenda di anni fa, dice molto anche alla politica di oggi. In particolare sulla inaccettabile consuetudine di continuare a usare il termine ‘clandestini’ per coloro che arrivano sul nostro territorio, comunque arrivino. Sono persone con una dignità da rispettare e non clandestini“, queste le parole dell’avvocato Alberto Guarisio.

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