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La tragedia della OceanGate: quella morte che "livella" tutto e ci rende più umani

Titan

Cosa resta di questa “implosione catastrofica”? Gli occupanti del sommergibile OceanGate sono morti in appena 30 millisecondi: “Un battito di ciglia, e non si sono accorti di nulla"

Cosa resta di questa “implosione catastrofica”? Gli occupanti del sommergibile OceanGate sono morti in appena 30 millisecondi, ci tiene a evidenziare David Mearns, esperto di soccorsi e amico delle vittime. “Un battito di ciglia, e non si sono accorti di nulla, mentre il mezzo si accartocciava su sé stesso, per poi frantumarsi in mille pezzi”.

Proprio così: spesso la vita è appesa a un battito di ciglia, ma ciascuna vita va vissuta liberamente. Penso convintamente che si possa vivere l’eternità in un secondo. Ma anche il contrario: un secondo per l’eternità.

Si può morire subito ma felici. Si può vivere a lungo ma tristi. Come avviene presumibilmente all’interno degli oggetti celesti più misteriosi, i buchi neri. Come accadrebbe oltre quella linea che i fisici hanno definito orizzonte degli eventi dei buchi neri. Questo confine mi ricorda le colonne d’Ercole della nostra conoscenza rispetto all’universo, oltre le quali lo spazio e il tempo si fondano su altre leggi della natura, si rimescolano, si comprimono e si dilatano. Lo spazio-tempo, appunto.

La morte e la vita in diretta

Cosa resta ancora di questa “implosione catastrofica”? Il dramma trasformato in reality show in stile “survivors”. E quel dannato vizio che abbiamo noi umani di giudicare tutto e tutti, senza conoscere le vite degli altri, con la presunzione di poterle vivere al loro posto. Un tempo tutto questo accadeva nelle arene e nelle agorà pubbliche. Oggi, sui social, con l’aggravante di poterlo fare nascosti dietro uno schermo, dove diviene difficile poter gettare via una maschera come avviene nel teatro e nella commedia.

E così, in tanti, sulle reti sociali hanno accostato la vita dei cinque supermiliardari (che sotto sotto se la sono cercata, pagando per morire) a quella dei disperati migranti sui barconi (costretti invece a pagare quel poco che possiedono per salvarsi la vita). E intanto nessuno li soccorre.

Ma dobbiamo davvero credere che si possano salvare migliaia di profughi disperati stando comodamente seduti davanti al televisore o sfogliando figurine su Tinder o TikTok? Davvero pensiamo che la vita di un migrante valga meno di uno spericolato e magari viziato milionario? Cosa sappiamo davvero di queste persone? Sì, sono singole persone e nessuno può decidere in quale famiglia o angolo del mondo nascere.

Dagli abissi degli oceani all’abisso della nostra anima

“Erano ricchissimi e spericolati?”. Vero. Forse sì, forse no. Ci interessa davvero saperlo? Sappiamo perché lo hanno fatto? Possiamo davvero controllare totalmente le nostre vite, comprese quelle degli altri?

“Ma quei miliardari allora sì, hanno fatto di tutto per salvarli, invece i migranti no!”. Forse sì. Forse no.

“Ma salvare i migranti in mare è una questione più grande di noi”. Non è assolutamente vero. La società cambia lentamente a cominciare dai piccoli e singoli gesti quotidiani. Quante volte ci siamo davvero occupati del vicino di casa che forse ha bisogno di noi? Anche solo di un sorriso in un momento difficile della sua vita? Meglio una adozione a distanza o un cocktail di beneficenza per fare pace con la propria coscienza. Infondo è più facile così, piuttosto che tendere una mano a chi sta soffrendo sotto i nostri occhi.

La morte è una livella

Nonostante i social, gli accostamenti ingiusti, le sentenze già emesse senza un processo. Nonostante tutto. In fondo, negli “abissi” della nostra anima, ci abbiamo sperato. Un po’ perché la salvezza dei cinque esploratori avrebbe rassicurato le nostre vacillanti certezze: ossia che possiamo sfidare i nostri limiti, girando la testa davanti a ciò che è già noto, alla paura, alle miserie vere del nostro tempo.
Un po’ perché tutto sommato avevamo bisogno di credere in un lieto fine. Il nostro lieto fine. Le nostre inquietudini che si quietano dopo un mare in tempesta. Ma come sempre la morte riallinea tutto, perché è una “livella”. E ci rende tutti più tristi. Ricchi e poveri, indistintamente tutti.