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Come l'indie è più mainstream del mainstream

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Esce una notizia, una qualsiasi notizia, e di colpo si scatena l'inferno. Tutti si sentono in diritto se non addirittura in dovere di dire la propria.

Sappiamo tutti come funziona, ormai. Esce una notizia, una qualsiasi notizia, e di colpo si scatena l’inferno. Tutti, ma proprio tutti tutti si sentono in diritto se non addirittura in dovere di dire la propria. E per una ragione che sfugge a ogni logica, la stragrande maggioranza di questi tutti, nel momento in cui si senti in diritto o dovere di dire la propria, eccoti che dice qualcosa di sgradevole, di aggressivo, di tremendo. Questo su qualsiasi argomento, ogni giorno, ogni ora.
Così succede che va di scena Sanremo Giovani e la gente inizia a mordere il freno. Solo che, siccome alla gente, in genere, di Sanremo Giovani non frega nulla, eccoti che si scatena sui BIG.

Ora, senza voler sembrare uno che vuole a tutti i costi andare controcorrente, ci terrei a spezzare una lancia addosso alla gente, dopo aver infilzato la medesima gente con la stessa lancia. Perché in genere la gente capisce poco o nulla, e in virtù del suo essere la gente pensa di avere chissà quale capacità di analisi che, ahiloro e ahinoi, in realtà quasi mai ha. Così, non potendo cogliere i veri nodi della questione, cioè il chi sta dietro chi di quei BIG lì, i meccanismi neanche troppo sofisticati che stanno dietro la macchina, eccoli che attaccano quelli che ai loro occhi appaiono come diversi. Anzi, per dirla con il linguaggio di oggi “i diversi”. E oggi, in apparenza, i diversi, in musica, se si parla di Sanremo, sono loro, gli indie. Cioè quelli che poi, a ben vedere, continuano a vendere dischi, a vincere premi e, soprattutto, fare decine, centinaia di concerti ogni anno. Concerti che portano sotto il palco migliaia e migliaia di persone, perché loro, gli indie, insieme ai trapper, sono oggi quelli che muovono il sistema, animano il mercato, sono il nuovo che avanza, anche se poi sarebbe da aprire dibattito su cosa sia nuovo e cosa no, ma non in questa sede.

Quindi succede che, guardando Sanremo Giovani, nel momento in cui vengono annunciati i primi nomi, lì coi bussolotti, come in una estrazione del Lotto qualsiasi, ecco che la gente si scatena con battute talmente prevedibili da essere già meme quali “Motta chi, il panettone?” o “Zen Circus chi?”, sugli Ex-Otago, neanche a dirlo, le battute vertono tutte sullo storpiare il nome, in effetti piuttosto storpiabile di suo.

Perché quei nomi lì, quest’anno, esattamente come in passato furono i nomi dei Subsonica, ma parliamo di quasi vent’anni fa, gli Afterhours, i Marlene Kuntz, i Perturbazione, i Marta sui tubi, che non erano indie ma underground, pari è, sono la quota indie di questo Sanremo. Cioè quelle che dovrebbero essere le anomalie. I nomi che, quando il tipico spettatore di Rai 1, settanta’anni suonati, li sente presentare da Baglioni, è autorizzato a sbuffare chiedendosi: “Ma questo chi è?”.
Il problema è che le lamentazioni sui social non le fanno i settantenni che guardano Rai 1, ma gli stessi che poi condividono i meme tratti da Paracetamolo di Calcutta, “Lo sai che la Tachipirina cinquecento se ne prendi due…”, quelli che si guardano i video de Le Coliche su Indie vs Trap, dove per altro lo stesso Motta interpreta magistralmente se stesso. Chiaro, gli Zen Circus e gli Ex-Otago non sono magari famosissimi, o come ha detto Pippo Baudo, Pippo Baudo ci rendiamo conto?, non sono popolarissimi tra i più giovani, perché sono in giro da una vita e hanno un pubblico anche maturo, ma fingere di non conoscerli o magari non conoscerli proprio non può essere un merito. Perché non sapere le cose non è cosa di cui vantarsi, in generale, tanto più se si parla di musica e si vuole commentare Sanremo.

Diverso è il discorso per quelli che l’indie lo seguono, lo amano, e che quindi sicuramente sanno chi è Motta e chi sono i Zen Circus e gli Ex-Otago. Nel loro caso, se critiche ci sono state, sono nate tutte da una forma di tradimento non si sa bene di cosa. Intendiamoci, se di Sanremo non ti frega nulla, e in genere le nuove generazioni che seguono l’indie non seguono il Festival, non avrai sicuramente nulla di cui esultare nel sapere che un tuo idolo è stato preso nella kermesse rivierasca. Ma da qui a dar vita a una crociata, suvvia, ce ne corre.
Non ti piace il Festival della Canzone Italiana? Non guardarlo. Non è difficile, anzi, è la cosa più naturale del mondo, neanche devi accendere la televisione o ricordarti di sintonizzare su Rai 1 a una determinata ora.

Ora, dato per assodato che queste mie parole saranno per tutti i leoncini, i gattini da tastiera il corrispettivo di un refolo d’aria durante un tifone, lasciatemi dire che la presenza di un Motta o di Appino e i suoi Zen Circus, volendo anche degli Ex-Otago, a Sanremo andrebbe difesa come si fa coi Panda in via d’estinzione. Non tanto e non solo perché sono bravi e quantomeno non usurati come i loro colleghi, quanto perché, su questo i leoncini da tastiera dovrebbero concentrare le proprie attenzioni, non sono parte di una delle tante consorterie che questo come gli altri Sanremo si è spartito come neanche nelle peggiori giunte comunali di democristiana memoria. Se vi sembra poco…