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La Divina Commedia Opera Musical: Dante torna a teatro

Divina Commedia Andrea Ortis e Pier delle Vigne

Intervista esclusiva ad Andrea Ortis, regista de "La Divina Commedia Opera Musical", lo spettacolo che porta in scena gli immortali versi di Dante.

Dalla pagina scritta al palcoscenico. Il più celebre poeta della nostra tradizione letteraria va in scena, sulle note della Divina Commedia Opera Musical. Lo spettacolo, che dalla sua nascita nel 2007 ha collezionato una lunga serie di successi, vanta la collaborazione di Andrea Ortis alla regia, Marco Frisina alla composizione e Gianmario Pagano alla sceneggiatura. Sul palco, 24 tra attori, cantanti, ballerini e acrobati in grado di trascinare il pubblico in un viaggio attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso, alla riscoperta di quella “selva oscura” che tutti noi abbiamo studiato sui banchi di scuola e che oggi possiamo riscoprire in una veste nuova.

Il regista Andrea Ortis ha raccontato in esclusiva a Notizie.it qualche retroscena del tour 2018-2019. Dopo le prime tappe a Isernia, Assisi, Reggio Calabria, Padova e Pescara, Dante andrà in scena a Bari (20-21 febbraio), Milano (7-10 marzo), Brescia (22-23 marzo), Firenze (30-31 marzo) e Roma (2-7 aprile).

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La Divina Commedia sbarca a teatro

Com’è nato questo spettacolo?

Alla base c’era un’idea: quella che la Divina Commedia, che fa parte del percorso di studi scolastici italiani, poi tende un po’ a perdersi nel tempo. Alla domanda ‘Cosa ti ricordi della Commedia?’ spesso le reminiscenze sono un po’ sbiadite. Può un patrimonio così importante essere considerato pesante? Può cadere nel dimenticatoio? Certo che no. Questa è una delle leve che ha portato a pensare a una possibilità diversa, in primo luogo per ridare alla Divina Commedia il suo senso principe, che è quello di essere un libro. Abbiamo fatto ciò che ogni lettore fa autonomamente: immaginare un mondo “fantasy”, dando la possibilità di presentare (anche a quelli che non frequentano più la scuola) una storia che inizia in un Inferno, continua in un Purgatorio e si compie in un Paradiso. Un’opera molto trasversale, che è diventata un mezzo di incontro e di ri-incontro con qualcosa che fa parte della nostra identità italiana.

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L’attualità di Dante

Com’è possibile rendere ancora attuale questo grande classico della letteratura?

Voglio rispondere con delle domande provocatorie. La storia di Francesca, così come quella di Pia dei Tolomei, può essere attuale? È attuale il loro femminicidio? Dante ne parla 700 anni fa. È attuale una donna che è stata ammazzata per un tradimento, o una che è stata tradita dal marito e poi uccisa? La storia di Dante che cade in una profonda depressione, che vede il nero, che pensa al suicidio e che trova nella scrittura un riparo, una catarsi… non è forse un tema moderno? La bellezza, l’arte costruita tramite endecasillabi, può passare di moda? Io credo di no. Le nostre platee sono piene di Francesca, sono piene di donne che ricevono ceffoni, di padri affranti come Ugolino o di uomini in depressione, alle prese con una quotidianità che li affligge. È questa la potenza di quest’opera.

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I personaggi in scena

Impossibile portare in scena tutti i personaggi che Dante incontra nel suo viaggio dagli Inferi al Paradiso. Quali avete scelto e perché?

La scelta è stata ardita. Abbiamo scelto i “must” che raccolgono una serie di colori e di sfumature abbastanza ampia. Dante incontra per primo, chiaramente, Virgilio, che è la persona che lo accompagna in gran parte del cammino. Incontra Caronte, Ulisse, Pier delle Vigne, Paolo e Francesca, Ugolino, fino a Lucifero per uscire dal primo atto “a riveder le stelle”. Nel secondo atto il paesaggio si rarefa, diventa più leggero. Lì incontriamo Pia dei Tolomei, l’angelo della Penitenza, ma anche i suoi amici del tempo, come i poeti Guido Guinizzelli e Arnaut Daniel. Poi Matelda, una Proserpina che accompagna Dante verso Beatrice. Lei è la seconda guida, che indirizza Dante a giocare con la luce, in un’iconografia (certamente non classica e più laica rispetto ai soliti cliché) che altro non è se non la possibilità di rapportarsi al Creatore in maniera fanciulla, quasi neonata.

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Musiche, costumi, scenografia

Quali scelte avete compiuto dal punto di vista musicale?

La Divina Commedia è stata scritta da un matto di Firenze, con un bel caratterino, non certo da un ascetico. Dante inserisce dialoghi, battute, atmosfere, costumi, rumori… dà migliaia e migliaia di suggerimenti. Non sembra nemmeno un testo narrativo, è quasi un testo teatrale. Ma oggi lo leggiamo già figlio – purtroppo o per fortuna – di un imprinting. In questi 700 anni ci sono state parafrasi ma anche illustrazioni, dipinti, film. Il mio primo sforzo è stato quello di fare un “reset” intellettuale. Non volevo dare a quest’opera un taglio pop, come la maggior parte dei musical in scena oggi. Marco Frisina [il compositore dell’opera, ndr] ha preso un’orchestra vera, di cento strumenti veri, non suoni campionati e computerizzati, e ha composto musiche che comprendono sia suoni elettronici sia canti gregoriani.

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La resa scenografica ha comportato qualche difficoltà?

Com’è possibile passare dalla “mutazione genetica” di Pier delle Vigne al mare tempestoso di Ulisse, che poi diventa il lago ghiacciato del Cocito con Ugolino e il magma infernale di Lucifero? Lo abbiamo sviluppato con delle proiezioni, con il grande timore di farlo diventare uno spettacolo troppo cinematografico. Le proiezioni non si devono sostituire a ciò che di più importante c’è a teatro, cioè il testo, e non devono schiacciare gli attori. Per quanto riguarda i costumi, abbiamo fatto un lavoro storico, ma con una modernizzazione che ha permesso agli artisti di lavorare secondo la propria creatività.

Ci sono “grandi nomi” nel cast?

Il casting è stato lunghissimo, circa due mesi. Ho cercato persone che arrivassero anche dalla provincia, da luoghi che hanno in sé ancora dei valori intatti. Sono un patrimonio prezioso e importante. C’è gente di Milano e di Roma, ma anche chi arriva dal Molise, dalla Sicilia, dalla Calabria. Cercavo un cast che non avesse già persone affermate, da cartellone. Volevamo gente giovane, affamata, sulla quale scommettere, che ha in sé un forte talento.

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Il tour 2018-2019

Com’è stata la risposta del pubblico nelle prime date del tour?

Oltre ogni aspettativa, a partire dai numeri. In due giorni, a Reggio Calabria abbiamo raccolto oltre 12mila spettatori; 5mila in due giorni a Padova. Sold out a Pescara, con il massimo dei biglietti venduti da quando ha aperto il Teatro Massimo, cioè negli ultimi 30 anni. La cosa è sorprendente. Nell’ultima replica a Pescara ero atteso in foyer da tre persone. Uno studioso di Dante di 87 anni. Una ragazza cieca che non era mai andata a teatro e ha pianto tutto il tempo. Poi c’era un bambino di 11 anni che ha detto: “Mi è piaciuto tutto, però peccato per Pier delle Vigne, lui sta male a diventare una pianta. Perché lo hai messo lì?”.

Questo non è un lavoro ruffiano, non è fatto per intercettare i gusti di tutti con musiche orecchiabili. Ecco perché si chiama Opera Musical. Ha i connotati del musical, ma ha una costruzione decisamente più operistica dal punto di vista della drammaturgia. Vedere, a Reggio Calabria, oltre 4mila studenti seguire la Divina Commedia in silenzio per me è qualcosa di incredibile. Io a quell’età non sarei stato attento quanto loro. In quel momento ho capito una cosa: pensare che la “società dei social” sia un po’ stupida, mai attenta e mai in ascolto è un errore gravissimo.