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Lisa Federico, ad un anno dalla morte, il papà scrive un monologo per commemorarla all'istituto Nazareth

Lisa Federico, morta dopo il trapianto di midollo osseo. Monologo in chiesa

La ragazza morì il 3 novembre 2020 all’ospedale Bambino Gesù. Oggi il suo papà le ha dato voce grazie ad un monologo, "Lettera a un giudice".

In occasione del primo anniversario della scomparsa di Lisa Federico, morta a soli 17 anni il 3 novembre 2020 all’ospedale Bambino Gesù, a seguito di un’operazione di trapianto di midollo osseo, il suo papà, Maurizio Federico ha scritto un monologo per provare a dare voce alla sua bambina che non c’è più, la stessa bambina che aveva adottato in Ucraina:

“Buongiorno, signor giudice. Mi chiamo Elisabetta, Lisa. La vita è stata cattiva con me. Mi ha tradita due volte… La prima quando fui chiusa in un istituto nel mio Paese, l’Ucraina… La seconda quando, trovata una famiglia che mi amava, in Italia, finii in ospedale e fui sottoposta a trapianto…”.

Le parole del papà di Lisa sono stata buttate giù in una notte di lacrime e rabbia. Il titolo è: “Lettera a un giudice“. La mamma, Margherita Eichberg, quando ha letto quel monologo l’ha abbracciato forte, dicendogli: “Bravo, sei riuscito a ridare voce a nostra figlia…“. 

Nel monologo Maurizio ha semplicemente immaginato cosa direbbe la sua adorata figlia, se avesse modo di dire la sua, dopo la tragedia, al giudice incaricato dell’inchiesta. La lettura del monologo si terrà intorno alle 18 del 3 novembre 2021 nella chiesa della sua scuola, l’istituto Nazareth, a Prati, dove Lisa aveva concluso il secondo anno del liceo linguistico. Prima del monologo si terrà ovviamente la Messa.

Il monologo del papà di Lisa Federico: l’adozione 

Nel far rivivere Lisa dandole voce in prima persona, il padre ha scelto di iniziare da quando fu chiusa in un orfanatrofio ucraino.

“La vita è stata cattiva con me. Mi ha tradito due volte. La prima fu quando piccolissima venni abbandonata. Alcuni signori in divisa e con le auto con i lampeggianti blu portarono me e il mio fratellino Bogdan in un edificio pieno di facce sconosciute e ostili. Un giorno da non so dove vennero due signori che parlavano una lingua sconosciuta. Volevano diventare mamma e papà miei e di Bogdan… Ci regalavano giocattoli, passavano i pomeriggi con noi, andarono via e tornarono almeno per tre volte. L’ultima volta sparirono per lungo tempo, ma poi una gelida sera di inverno mi dissero che erano tornati per portarci via con loro…”. 

Il monologo del papà di Lisa Federico: l’arrivo della malattia

Un anuova vita, una nuova famiglia che si sarebbe finalmente presa cura di lei. Siamo nel 2009: Lisa e Bogdan si ambientano bene in Italia, frequentano le scuole e crescono sereni in un ambiente borghese. Poi l’estate scorsa, a 17 anni, la malattia di Lisa si mostra inizialmente nella forma di un enorme livido su una gamba e sulle natiche, che la costringe al ricovero al Bambino Gesù:

“All’improvviso la vita mi è scappata di mano per la seconda volta, ma mi creda, signor giudice, io non ho colpe. Anche nella malattia, ho sempre seguito le parole dei medici e dei miei genitori, anzi, ho fatto amicizia con tante infermiere e anche con qualche medico. Non scorderò mai alla fine del mio primo ricovero/prigionia di 60 giorni, quando mi venne concesso di lasciare l’ospedale, quando offrii al mio medico un lungo e intenso abbraccio che lui accettò, anche se con imbarazzo…”

Il monologo del papà di Lisa Federico: il peggioramento 

E il 7 ottobre 2020 Lisa viene nuovamente ricoverata:

“Ho sempre regalato sorrisi anche a coloro che si presentavano con in mano una siringa, un tampone, o con la millesima flebo. Come mi hanno ripagato? I miei genitori erano pieni di fiducia verso quel centro di “Eccellenza”, contavano i giorni che mancavano al mio ritorno a scuola. Ed io con loro, sono sempre stata sicura di guarire, anche quella notte che mi portarono via in terapia intensiva perché il mio cuore non andava più…Signor giudice, proviamo a fare in modo che nessun altro debba restare vittima, oltre che della propria sorte, dell’indifferenza altrui… Se il sacrificio della mia vita non varrà a migliorare anche solo di poco la vita di qualcuno, sarà stato un sacrificio inutile, ed io morirò per la terza volta…”

E in conclusione:

“Lo so signor giudice, lei mi dirà che non è solo distribuendo condanne che le cose cambieranno. E’ dolorosamente vero, signor giudice, ma lei una qualsiasi sentenza potrà motivarla, e le sue parole resteranno scolpite nella pietra. Se solo lei potesse descrivere con il suo dotto linguaggio le inutili settimane che ho passato in ospedale, i silenzi e le omissioni che i miei genitori hanno dovuto sopportare inseguendo il medico di turno, le lotte quotidiane al day hospital per trasfondermi piastrine restando in piedi, e poi le decisioni che hanno portato alle mie 12 ore finali di urla e svenimenti mentre quel midollo estraneo mi entrava nel corpo, i 15 giorni di martirio che ne seguirono, le battutine dispensate dal luminare di turno, la fretta messa ai miei genitori per liberare la mia stanza in reparto appena venni trasferita in terapia intensiva, le bugie dette dai medici ai miei genitori, ecco, solo così, scolpendo nella pietra quanto accaduto, la mia maledetta sorte avrebbe un senso…Signor giudice, un giorno ci incontreremo, le auguro fra duecento anni. E allora mi piacerebbe abbracciarla dopo aver saputo che anche lei, come il mio giudice di Kiev, ha voluto regalare a qualcuno una speranza”.

La firma? “Grazie, Lisa. Per bocca del suo papà“.