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Migranti, dal centro d'accoglienza a rider di Uber Eats "Pedalo per sopravvivere"

Da migrante a rider, il reportage di Notizie.it

Dal Gambia all'Italia, dal campo profughi all'accoglienza: ora è un rider "Al campo non faccio niente, preferisco lavorare anche se non mi piace"

La vita di tanti di questi ragazzi scorre lungo le pedalate di ogni giorno, biciclette improvvisate, zaino in spalla e la tranquilla attesa all’ombra dei parchi di Milano della fatidica chiamata per lavorare. Il palmare squilla è tempo di pedalare: c’è chi riesce a guadagnare appena tre euro a consegna, chi invece viene retribuito a chilometro. Questa è la realtà di molti riders, i fattorini del food delivery che si nascondono dietro a ogni angolo della metropoli meneghina. Corso di Porta Ticinese è uno dei siti di attesa più gettonati: è qui che, abbracciati dalle colonne di “Porta Cicca” (così viene apostrofata dai milanesi), i giovani aspettano la notifica di consegna.

Da migrante a rider del food delivery

Il profilo base del biker del cibo d’asporto non è uguale per tutti: sono tante le storie che abbiamo ascoltato e raccontato nel nostro reportage sulle “giornate tipo” che vivono questi giovani. Dallo studente pakistano in erasmus fino al giovane dal doppio lavoro, ma la testimonianza che colpisce nel segno è quella di un giovane ragazzo del Gambia “Prendo la mia bicicletta, lo zaino e poi vengo qui ad aspettare. Quando arriva una consegna da fare parto” la descrizione della sua giornata lavorativa inizia così, quasi come se ignorasse le ultime e recenti vicende che narrano di incidenti mortali in cui sono stati coinvolti i fattorini (riaffiora il ricordo del rider che nel capoluogo lombardo perse una gamba nello scontro con un mezzo pubblico mentre lavorava), consapevole, forse apparentemente tranquillo, della routine che lo attenderà ogni giorno.

Pedalare per sopravvivere

L’obiettivo della settimana è quello di macinare chilometri a bordo delle due ruote, i principali criteri di retribuzione si basano su tariffari fissi per ritiro e consegna, più una variabile per le distanze percorse. Queste storie hanno il sapore di una perenne e costante corsa alla sopravvivenza “Io ora sono lì al campo… non faccio niente se rimango lì. Per questo motivo lavoro alle consegne, ma è un lavoro che non mi piace molto” confessandoci che restando nel centro in cui vive (a Mortara in provincia di Pavia) non riuscirebbe a sbarcare il lunario. La realtà delle strutture che in Lomellina sono dedite all’accoglienza dei profughi è stata materia prima per la cronaca locale sin dal 2016: dal record dei migranti accolti in tutta Italia alle controversie legate alle panchine eliminate dall’amministrazione perchè utilizzate come riparo per la notte dagli immigrati, fino alla rivolta dei profughi ribelli nel 2017.

Il giovane originario dell’Africa Occidentale svela un passato vissuto tra i centri d’accoglienza, sostiene di essere in possesso di un regolare permesso di soggiorno e sogna un futuro che gli permetta di poter lavorare e pagare i contributi da cittadino italiano. Quando ai nostri microfoni nominiamo il Ministro dell’Interno sul volto del ragazzo prende forma il disegno di una curva amara, il sorriso di chi fa percepire un grande senso di rassegnazione “Salvini? Lui piace molto in questo momento, ma io che ci posso fare. Ascolto quello che dice, lui continua a parlare ma io non faccio niente con lui”.