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Coronavirus, Veneto lavora per la ripresa delle attività in sicurezza

Luca Zaia

La regione Veneto sta lavorando affinché si possano riaprire le aziende, senza ovviamente abbassare la guardia.

Il Veneto sta lavorando affinché si possano riaprire le aziende, senza ovviamente abbassare la guardia. Ecco quanto affermato in merito dal governatore della Regione Zaia e dal presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro.

Il Veneto al lavoro per ripartire

In seguito all’emergenza coronavirus molte aziende sono state costrette a chiudere e proprio per questo motivo la regione Veneto è al momento al lavoro affinché si possa procedere con l’apertura delle aziende grazie al progetto “Fabbriche sicure”.

Come riportato da Il Sole 24 ore, il presidente del Veneto, Luca Zaia, continua a chiedere “sacrifici: adesso la sfida è tutta nostra, non dobbiamo abbassare la guardia”. Per poi sottolineare come il Veneto stia “lavorando al piano delle riaperture, a prescindere dai test anticorpali”, che rappresentano in ogni caso un’opportunità “da percorrere fino in fondo. Se arriveranno benissimo, sarà una patente di immunità, ma comunque dobbiamo essere pronti”. Anche perché quando si deciderà di aprire bisogna “avere un piano per dire con quali modalità: mascherine, distanze, numero lavoratori, quali comparti. Per valutare nuove limitazioni dopo Pasquetta servirebbero dati epidemiologici che supportano questa decisione, ma questo spetta agli esperti”.

Sull’argomento è intervenuta anche Confindustria Veneto, con il presidente Enrico Carraro che ha affermato di ritenere “non “più procrastinabile l’apertura delle aziende”. In tal senso gli industriali veneti “stanno lavorando a un progetto Fabbriche Sicure per rendere gli ambienti di lavoro luoghi di massima tutela per la salute di dipendenti, collaboratori e delle famiglie”. Proprio per questo motivo, ha sottolineato Carraro, vi è il bisogno di implementare delle norme di sicurezza sia attive che passive, “ma si deve prevedere di riaprire le produzioni senza indugi, altrimenti si rischia di lasciare migliaia di aziende e lavoratori sul lastrico. È necessario quanto prima un allargamento dei codici Ateco, che consenta alle aziende che hanno mercato interno o finalità di export, di riavviare le produzioni”.