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Il viceministro dell'Economia Misiani: "Il nostro sistema di welfare si è rivelato inadeguato"

intervista al viceministro antonio misiani per notizie.it

In un'intervista a Notizie.it, il viceministro Misiani spiega cosa non ha funzionato nel nostro sistema di welfare e anticipa le scelte difficili da fare in attesa dei fondi del Recovery.

L’Italia che si appresta a vivere l’inverno più difficile della sua storia repubblicana, dopo che il virus si è divorato con ferocia l’esistenza di più di 50mila persone (in Europa è prima per indice di letalità) registra una svolta politica nel mezzo della pandemia e dopo mesi di divisioni e polemiche. Il Parlamento approva quasi all’unanimità, quindi con i voti anche delle opposizioni, la richiesta del governo di un ulteriore scostamento di bilancio di 8 miliardi.

Tradotto dal politichese, la maggioranza vuole condividere fino ai limiti del possibile le scelte difficili da fare in attesa dei fondi del Recovery, dopo i mòniti di Mattarella. Il centro-destra prova a rilanciarsi politicamente, a riacquisire un ruolo sulla scena dopo mesi a dir poco confusi e per niente incisivi. Notizie.it ne parla con il viceministro dell’economia Antonio Misiani.

Intervista al viceministro Antonio Misiani

Misiani, con lo scostamento di bilancio s’interviene sui lavoratori autonomi e i liberi professionisti che non hanno beneficiato dei precedenti Ristori. Ci anticipa che tipo di sostegno, se saranno contributi a fondo perduto? E si prevede di sostenere anche imprese e lavoratori che dipendono economicamente in gran parte dal periodo natalizio?

Da settembre l’Europa ha dovuto fronteggiare una seconda ondata della pandemia. Il governo italiano, come è accaduto in tutto il continente, è stato costretto ad adottare nuove misure restrittive che, pur differenziate a seconda delle regioni in relazione agli indicatori epidemiologici, hanno prodotto conseguenze severe per le attività interessate. Con i tre decreti ristori sono state messe in campo risorse per oltre 10 miliardi, che hanno finanziato interventi di sostegno articolati in relazione ai codice ATECO e alla classificazione di rischio delle regioni.

Il nuovo scostamento da 8 miliardi, che è stato votato anche dalle opposizioni, finanzierà il rinvio di tutte le scadenze fiscali previste nella parte finale dell’anno: il secondo acconto Ires, Irpef e Irap; i contributi INPS; le ritenute alla fonte; l’IVA. Beneficeranno di questa moratoria tutti i contribuenti che hanno registrato significative perdite di fatturato. È un segnale forte di attenzione nei confronti del lavoro autonomo, delle piccole e medie imprese, delle partite IVA e dei professionisti. A gennaio stiamo valutando un ulteriore intervento di ristoro che superi i codici ATECO e faccia riferimento al fatturato effettivamente perduto nel 2020. Questo intervento lo vogliamo estendere, raccogliendo le sollecitazioni del Parlamento, anche ai professionisti che non hanno beneficiato dei precedenti contributi a fondo perduto. Quanto alle imprese e ai lavoratori che dipendono dal turismo invernale, bisognerà intervenire in relazione alle eventuali misure restrittive.

Il Parlamento ha approvato lo scostamento per la prima volta con i voti delle opposizioni. Indubbiamente una svolta per la legislatura in corso: Berlusconi si è praticamente tirato dietro Salvini e Meloni. In questo modo il centro-destra sta cercando di recuperare una credibilità perduta durante tutta la drammatica fase pandemica o mira a condividere parte della gestione dei fondi del Recovery?

Il richiamo del Presidente Mattarella all’unità e alla collaborazione è stato un messaggio forte e appropriato. In una fase di emergenza come quella che stiamo vivendo il senso di responsabilità dovrebbe dominare ogni scelta politica, sia delle forze di maggioranza che di quelle di opposizione. Purtroppo non è stato sempre così in questi mesi, e alcuni hanno cercato di trarre vantaggi di parte sfruttando la difficoltà della situazione. Il voto parlamentare unanime sull’ultimo scostamento segna una svolta, è un fatto politico molto positivo, una risposta concreta agli appelli del Capo dello Stato e alle aspettative degli italiani, che in una fase di crisi chiedono alla politica unità e responsabilità. Quanto al centro-destra, l’iniziativa di Forza Italia ha prodotto un risultato molto positivo per il Paese: speriamo non rimanga un fatto isolato, il Paese dovrà stringere i denti ancora per parecchi mesi e ha bisogno di dialogo e coesione. Il Recovery Plan è un terreno privilegiato dove praticare il confronto: proprio perché ha l’ambizione di delineare il futuro dell’Italia dei prossimi vent’anni, non può che nascere da una larga base di condivisione politica e sociale.

La manovra di bilancio per il 2021 sarà di 39 miliardi. Si calcola che i fondi dei vari decreti Ristori in aggiunta all’ultimo scostamento porteranno la spesa aggiuntiva di quest’anno vicina ai 100 miliardi. Una cifra impensabile solo fino a qualche mese fa, in tempi di austerità, quando anche qualche milione in più doveva essere giustificato. Mi tolga una curiosità: come mai il governo e il Mef non hanno mai previsto un punto informativo, uno spazio di comunicazione per stampa e cittadini – com’è stato fatto con la Protezione civile e con le politiche sanitarie – sulle emergenze economiche e le spese aggiuntive? Non sarebbe stato utile?

Le risorse messe in campo dal governo italiano in questi mesi hanno superato i 100 miliardi di euro. Se consideriamo anche le garanzie statali sui prestiti si tratta di uno degli interventi più grandi di contrasto alle ricadute socioeconomiche della pandemia tra i Paesi dell’UE. Tutto questo è stato possibile anche grazie all’UE. La pandemia è un evento dalla portata distruttiva immensa. Di fronte a questa situazione l’Unione Europea ha trovato il coraggio per un netto cambio di passo indispensabile ad affrontare questi tempi nuovi. Non era un fatto scontato. L’informazione e la comunicazione delle misure economiche implementate in questi mesi non è mancata. Forse è stata fin troppo abbondante, tra conferenze stampa, siti Internet, FAQ e altre varie attività di comunicazione. Comunicare la complessità non è mai facile. E noi in questi mesi siamo stati costretti a fare i conti con la grande complessità di un sistema economico che andava aiutato e sostenuto in tutte le sue molteplici sfaccettature.

Dall’inizio della pandemia, Lombardia ed Emilia-Romagna hanno ricevuto più di un terzo dei prestiti garantiti dallo Stato. Non lo trova preoccupante per il resto del Paese? Sembra funzionare invece il meccanismo dei bonifici e dei contributi a fondo perduto erogati dall’Agenzia delle Entrate, a differenza dei ritardi e delle mancanze della scorsa primavera. Riconosce che dopo la prima ondata sia stato un errore delegare tutto all’Inps?

In realtà quello della Lombardia e dell’Emilia Romagna non è un dato anomalo o preoccupante. Queste due regioni in totale (dati al 23 novembre) hanno ricevuto prestiti garantiti dallo Stato per 35 miliardi di euro, il 33% del totale. Un dato in linea con la grandezza economica e la diffusione del contagio di queste due regioni. Lombardia e Emilia Romagna, infatti, generano il 31% del PIL nazionale e sono tra le regioni più colpite dall’epidemia con il 34% dei casi positivi totali. Gli interventi messi in campo in questi mesi nel complesso si sono rivelati efficaci: come ha riconosciuto anche Banca d’Italia, hanno evitato il collasso dell’economia durante il lockdown e hanno aiutato il fortissimo rimbalzo registrato nel terzo trimestre.

Il quadro dell’efficacia dei singoli strumenti è fatto di luci e ombre. Alcuni hanno funzionato decisamente bene: i contributi a fondo perduto, ad esempio, sono stati molto veloci ed efficaci, ed è un meccanismo che abbiamo replicato anche nei decreti ristori. Nel caso dell’INPS ha pesato l’enorme quantità di domande di cassa integrazione, le procedure farraginose che abbiamo cambiato in corso d’opera e, forse il problema principale, la frammentazione del nostro sistema di welfare, che si è rivelato inadeguato ad affrontare una situazione come quella generata dalla pandemia. Va ripensato profondamente e in questi mesi abbiamo cominciato a farlo.

Tuttavia, Confindustria parla di “investimenti timidi” e i sindacati del pubblico impiego annunciano sciopero il 9 dicembre per la questione del rinnovo contrattuale. Le parti sociali sono insoddisfatte.

L’azione del governo è stata quella di sostenere il sistema economico nel momento di massima necessità, per salvaguardare l’occupazione e la capacità produttiva del Paese. Le misure di emergenza adottate nei mesi scorsi hanno salvato quasi due milioni di posti di lavoro e centinaia di migliaia di imprese. Anche con i futuri provvedimenti e la legge di bilancio continueremo a sostenere i settori più in crisi e quelli colpiti dai nuovi provvedimenti restrittivi, come chiedono sia i sindacati che la stessa Confindustria. Al tempo stesso vogliamo rilanciare lo sviluppo nel medio e lungo periodo attraverso il rilancio degli investimenti pubblici e di quelli privati. Le risorse nazionali stanziate con la legge di bilancio e i fondi europei di Next Generation EU saranno fondamentali per rimettere il nostro Paese su un sentiero di crescita strutturale e sostenibile. Quanto al pubblico impiego, la legge di bilancio accresce gli stanziamenti per il rinnovo contrattuale. Siamo pronti a dialogare con le organizzazioni sindacali, speriamo che lo sciopero del 9 dicembre venga revocato.

Credo che questa sia la prima intervista politica in cui non si cita la parola “Mes”. Parliamo invece del Next generation Eu, fondi comunque bloccati e chissà fino a quando per il veto di Ungheria e Polonia, che vogliono stare in Europa ma non vogliono rispettare lo stato di diritto e i più elementari diritti umani. Queste risorse per l’Italia sono l’occasione di una programmazione mai conosciuta in 50 anni. Eppure giungono voci dalla società civile, dalle associazioni che si battono contro disuguaglianze e gap generazionali e di genere di essere inascoltati. Premiare ancora una volta le clientele e favorire i potentati stavolta sarebbe imperdonabile, non crede?

Purtroppo il rischio di uno slittamento per il veto di Ungheria e Polonia è concreto, confidiamo comunque nella capacità della presidenza di turno tedesca di difendere la positiva mediazione costruita dal Parlamento europeo e il Consiglio. Anche Ungheria e Polonia hanno tutto da perdere da un ritardato avvio di Next Generation EU, ci aspettiamo che i governi che pongono il veto tornino sulle loro posizioni dimostrando senso di responsabilità. Next Generation EU rappresenta un’occasione storica per l’Italia. È una sfida decisiva non solo per superare la crisi attuale, ma per modernizzare il Paese e lasciarci alle spalle oltre due decenni di stagnazione economica e sociale. Presenteremo il Piano nazionale nei tempi previsti e stiamo prestando grande attenzione al coinvolgimento delle forze economiche, sociali, del terzo settore e del movimento ambientalista. Il confronto deve essere il più largo possibile. Anche con gli enti territoriali e naturalmente, con tutte le forze politiche, comprese quelle di opposizione.

Il premier Conte ha parlato di una struttura ad hoc per la governance delle risorse. Cito testualmente: “un meccanismo e una struttura anche manageriale che garantisca un attento monitoraggio, un coordinamento dei progetti e la verifica della loro attuazione, anche con poteri sostitutivi nei confronti di quei soggetti attuatori che dovessero essere in ritardo”. Il tema è sempre quello della realizzazione dei progetti: si legifera la spesa ma poi non c’è attuazione ed esecuzione, una specialità italiana. Ci anticipa come funzionerà, ci saranno dei responsabili a risponderne?

La capacità di spesa è un problema annoso del nostro Paese. Non possiamo più permettercelo. Il premier Conte con tutto il governo è fermamente determinato nel superare i colli di bottiglia che hanno frenato lo sviluppo del Paese negli ultimi decenni. Per quanto riguarda il Recovery plan italiano, confermo l’intenzione del governo di costruire un quadro normativo ad hoc. La governance è un nodo cruciale. Sì cita spesso il nuovo ponte di Genova come esempio da seguire. Io credo che sarebbe utile guardare anche ad un’altra esperienza di successo: l’Expo di Milano. Un evento di grande complessità, con investimenti per miliardi di euro, portato a termine nei tempi previsti con grande efficienza e capacità.