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Rapimento Eitan, lo zio paterno: "Non sappiamo dove sia. Andremo in Israele"

Rapimento Eitan zio paterno

"Non sappiamo dove sia Eitan, ci stiamo organizzando per andare in Israele", così lo zio paterno Or Nirko commentando l'arresto del nonno.

“Non sappiamo dove sia Eitan, ma ci stiamo organizzando per andare in Israele e riportarlo a casa presto”. Lo ha reso noto lo zio paterno del piccolo Eitan Biran, Or Nirko  che ha commentato gli ultimi sviluppi della vicenda che hanno portato all’arresto del nonno materno che è stato accusato del rapimento del bambino. Proprio a questo proposito lo zio paterno ha definito tale arresto un primo passo in questa vicenda, ma non ha cantato vittoria, affermando che la strada sarà molto lunga. 

Rapimento Eitan zio paterno, “La sua casa è in Italia”

Lo zio paterno ha proseguito affermando come Eitan appartenga all’Italia, il Paese dov’è nato e cresciuto: “Eitan è cresciuto qui, in Israele andava per le vacanze e conserva un bel ricordo di quel Paese perché i suoi genitori sono nati lì e lui vi trascorreva dei momenti felici. Ma quella non è casa, la sua casa è qui”.

Ed è proprio con questa premessa che l’uomo ha precisato che il tribunale a cui spetta ogni decisione è quello italiano: “Il tribunale competente è quello italiano che aveva già deciso di assegnare a mia moglie la tutela del bambino. Una decisione che la famiglia Pereg contesta. Vedremo che cosa decideranno i giudici. Noi obbediamo alle leggi”.

Rapimento Eitan zio paterno, “Avevamo avvisato che avrebbe potuto essere portato via”

Or Nirko ha posto inoltre l’attenzione sul fatto che un possibile rapimento da parte della famiglia materna era nell’aria già da tempo: “Un giudice ci ha detto che dovevamo consentire ai nonni di vederlo e lo hanno visto, ma avevamo avvisato tutti che Eitan avrebbe potuto essere portato via e chi vuole davvero rapire un bambino, riesce a farlo”.

Rapimento Eitan zio paterno, i dubbi sul passaporto 

Nel frattempo, stando a quanto osserva “Il Giorno” sarebbero diverse le criticità legate al passaporto che secondo quanto affermano dagli zii paterni a più riprese, era stato chiesto che venisse consegnato alla famiglia: “il giudice aveva ordinato di ridarcelo, ma non ce l’ha mai consegnato”, ha precisato. Ciò nonostante i legali della famiglia Peleg hanno sostenuto di non aver mai ricevuto l’atto con il quale il giudice disponeva il divieto di espatrio del bimbo se non accompagnato dalla tutrice legale Aya.

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