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Coronavirus, a Pavia malati curati con il plasma dei guariti

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A Pavia la sperimentazione del plasma sui pazienti gravi di coronavirus. I primi donatori sono due coniugi, entrambi medici.

A Pavia entra nel vivo il protocollo sperimentale per la cura del coronavirus con il plasma dei guariti. Al Policlinico San Matteo i primi due a diventare donatori sono marito e moglie, entrambi medici residenti a Pieve Morto Morone, nel pavese, nonché i primi casi registrati di Covid19 nella provincia.

Sono 16mila i tamponi effettuati e 5mila sono risultati positivi. La sfida: prelevare plasma dai pazienti guariti dal Covid-19 per donarlo ai malati gravi.

Coronavirus, a Pavia il plasma come terapia

Al Policlinico San Matteo di Pavia è partito il protocollo sperimentale per curare i pazienti affetti da coronavirus, nelle condizioni più critiche, con il plasma. La sperimentazione, che è in attesa del beneplacito dell’ISS, permetterebbe di somministrare il plasma dei pazienti guariti in quelli fortemente compromessi: “È una procedura già collaudata che può essere utilizzata per combattere un virus nuovo, come il Covid-19, e salvare pazienti in gravi condizioni” ha spiegato Cesare Perrotti, responsabile del servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale del San Matteo di Pavia.

Il plasma è già stato utilizzato in passato per curare dalla Sars e dall’Ebola. Adesso i pazienti con due tamponi negativi, cioè quelli guariti del tutto, hanno la possibilità di salvare altre vite.

Chi sono i donatori

Coloro che possono prestarsi alle donazioni sono pazienti che hanno superato un test per verificare la capacità del sangue del paziente guarito di uccidere il coronavirus. Come spiega il professor Perrotti: “I pazienti guariti dal coronavirus e quando si parla di guarigione, ci si riferisce solo a soggetti che hanno avuto due tamponi negativi effettuati in due giorni consecutivi. Nel plasma di queste persone si sono sviluppati anticorpi in grado di combattere efficacemente il Covid-19″. – e continua – “Una persona guarita da Covid-19 può essere chiamata dal nostro Servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale. Qui vengono effettuati tutti gli esami previsti dalla legge. Come se si trattasse di una donatore ‘normale’, oltre ad altri controlli aggiuntivi”.

Il prelievo del plasma

I donatori doneranno il plasma grazie all’uso di un un separatore cellulare. Si tratta di una procedura che dura all’incirca 30-40 minuti. “Spetterà poi ai clinici indicare il malato al quale somministrare l’infusione di plasma – afferma Perotti -. È una terapia che ha anche il grande vantaggio di non produrre effetti collaterali, e può essere affiancata senza problemi ad altre cure già in corso”.

Il protocollo e la diffusione negli ospedali

Il protocollo ha avuto già il parere favorevole del Centro Nazionale Sangue e del Comitato etico del Policlinico di Pavia. Manca solo il “si” dell’Istituto Superiore di Sanità. “È un grande dolore, per ogni medico, infermiere e operatorio sanitario del Policlinico, – dice Perrotti – veder morire i pazienti senza aver provato ogni possibile soluzione terapeutica per salvarlo”.

Il protocollo messo in campo dal San Matteo prevederebbe, inoltre, anche un sistema di condivisione dei dati. Questo permetterebbe anche ad altri ospedali di sperimentare la somministrazione: “Il San Matteo – spiega sempre Perrotti -, attraverso il suo protocollo, potrà svolgere il ruolo di ‘hub’ per tutti gli altri ospedali che vogliono aderire. Qui non sono in ballo interessi economici, ma solo la salute delle persone e la possibilità di salvare i malati più gravi”.