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Coronavirus, per i pazienti obesi rischio embolie polmonari

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Per uno studio del Politecnico nelle Marche il coronavirus può causare negli obesi l'embolia gassosa. Il rischio è un distress respiratorio acuto.

Secondo una ricerca italiana, il coronavirus può provocare embolie polmonari nei pazienti obesi. Si tratta di una forma di sindrome da embolizzazione adiposa studiata dal team di ricerca italiano guidato da scienziati del Politecnico delle Marche.

Coronavirus ed embolie polmonari

Gli scienziati italiani hanno scoperto che il coronavirus può provocare nei pazienti obesi la cosidetta “embolia grassosa” o sindrome da embolizzazione adiposa. La patologia colpisce i polmoni e si manifesta attraverso l’entrata in circolo di sostanze grasse nei vasi dei polmoni. In questo modo, li ostruisce e determina ulteriori complicazioni dovute alla malattia SARS-CoV-2 .

La scoperta del team made in Italy

A capo dello studio c’è il team di ricerca italiano per l’obesità del Politecnico delle Marche di Ancona che ha collaborato con il gruppo del Dipartimento di Scienze Cliniche e Molecolari dell’Università politecnica delle Marche, il Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale dell’Università di Brescia, il Dipartimento di Tecnologia biomedica e Medicina traslazionale del Centro per lo studio e la ricerca sull’obesità dell’Università degli Studi di Milano.

Gli scienziati, guidati dal professore Saverio Cinti, docente di Medicina Sperimentale e Clinica nelle Marche, ha trovato prove dell’embolia grassosa in due pazienti obesi che hanno perso la vita dopo aver contratto il coronavirus.

Il coronavirus e l’obesità

La correlazione tra obesità e coronavirus è stata dimostrata già da un altro studio, attraverso i dati clinici ed i risultati che arrivano dalla Scuola di Medicina dell’Università di Johns Hopkins.

I pazienti obesi sotto i 60 anni hanno il doppio delle probabilità di finire in terapia intensiva rispetto ai coetanei normopeso. Le ragioni, secondo gli scienziati, sono da ricercare nell’infiammazione cronica di basso grado dovuta all’accumulo di grasso e la compressione del diaframma, che può creare difficoltà nella respirazione. A questo si aggiunge l’embolia grassosa, che in situazioni normali si verifica dopo aver subito gravi traumi. Ad esempio, in un incidente stradale e delle conseguenziali fratture multiple: possono uscire goccioline di grasso e finire in circolo.

Il recettore ACE2

Secondo il team di scienziati ed il professore Cinti, il coronavirus attacca il tessuto perché esprime il recettore ACE2.

In sintesi, il coronavirus uccide le cellule adipose aumentando la circolazione dei rifiuti lipidici che innescano l’embolia gassosa. Le persone obese hanno già innumerevoli cellule morte ed il materiale grasso rilasciato all’esterno viene “ripulito” da macrofagi. Tutto questo processo può alimentare un’infiammazione e sviluppare la FES.

“La FES è una miscellanea di sintomi e segni respiratori, ematologici, neurologici e cutanei – spiegano gli scienziati dello studio – e dovuti all’embolia adiposa nel microcircolo. Da notare che l’obesità di per sé non è mai stata descritta come causa di FES”.

Le infiltrazioni polmonari provocate dal materiale adiposo in circolo posso aumentare il rischio da Sindorme di stress respiratorio acuto o ARDS, ovvero le complicanze più rischiose del coronavirus.