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Coronavirus, studio conferma il potere neutralizzante dei raggi Uv

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Un team di ricercatori milanesi ha confermato le capacità neutralizzanti dei raggi Uv, maggiori nel periodo estivo, nei confronti del coronavirus.

Uno studio di un team di ricercatori dell’Università Statale di Milano, dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi, dell’Istituto nazionale di astrofisica e dell’Istituto nazionale dei tumori ha confermato ciò che molti esperti già da tempo ipotizzavano con l’arrivo della stagione estiva: cioè che i raggi Uv che giungono sulla terra con il maggior irraggiamento solare possono contrastare efficacemente il coronavirus Sars-CoV-2. Una scoperta che faciliterà enormemente la lotta alla pandemia.

Coronavirus, gli effetti dei raggi Uv

A spiegare nei dettagli la ricerca, già anticipata lo scorso 15 giugno, è il docente di Immunologia all’Università di Milano e direttore scientifico del presidio Irccs Santa Maria Nascente della Fondazione Don Gnocchi Mario Clerici, che afferma: “Il sole invia sulla Terra i fotoni sotto tre lunghezze d’onda di raggi ultravioletti: Uv–A, Uv– B, Uv–C. Questi ultimi sono bloccati dall’ozono nell’atmosfera e non arrivano sulla Terra. Vengono usati, per esempio, dalle lampade per la igienizzazione degli acquari perché è noto il loro potere sterilizzante su virus e batteri. Ci siamo chiesti quindi se gli Uv–C sarebbero stati capaci di inattivare il Sars–CoV–2 nelle goccioline di saliva che trasmettono il contagio”.

L’esperimento è stato condotto diffondendo nelle goccioline di salive tre diversi quantitativi del coronavirus: la dose che si rileva nei soggetti infetti ma asintomatici, quella moltiplicata per dieci che si rileva nel tampone di un paziente con sintomi, e quella moltiplicata per mille presente in un paziente in fin di vita per polmonite da Covid– 19: “Abbiamo riscontrato che basta una tenue dose di Uv–C, pari a 3,4 millijoule per centimetro quadro, per inattivare completamente il virus, anche alle dosi più alte: basta un’esposizione minore di quella irraggiata dalle lampade usate per disinfettare gli acquari. È la prima dimostrazione che gli Uv–C funzionano, e che la quantità che serve è minima. Poi abbiamo ripetuto l’esperimento con gli Uv–A e gli Uv–B, che invece raggiungono la Terra, e il risultato è stato lo stesso”.