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Covid, chi sono i long-haulers e quali sintomi presentano

il caso dei pazienti che non guariscono dal covid

Covid, sempre più pazienti che hanno superato l'infezione presentano sintomi da lungo Covid: li chiamano long-haulers. Vediamo nel dettaglio chi sono

Ammalarsi di Covid, riuscire a sconfiggerlo, almeno in apparenza, e continuare a stare male come se si fosse sempre positvi, anche se il tampone è negativo. La sindrome da lungo-Covid sta esplodendo sempre più, a livello internazionale, e i soggetti che ne soffrono vengono definiti long-haulers. Problema presente non solo in Italia, alla quale inizialmente i medici non davano troppo peso, considerandolo più che altro un problema psicologico del paziente che era stato affetto da Covid. Adesso però, suffragato da nuovi studi clinici, sta dimostrando di essere un problema da prendere in esame e da risolvere in tempi brevi, poichè rischia di compromettere la vita, affettiva e lavorativa dei soggetti che ne sono affetti.

Covid, chi sono i long-haulers e quali i sintomi

I long-haulers sono pazienti che dopo 8-9 mesi dall’infezione da Covid non riescono ancora a svolgere una vita normale, nonostante abbiano avuto la malattia in forma lieve, o comunque senza la necessità di ricovero. Colpisce sino al 10% dei pazienti e i soggetti che ne sono affetti al tampone sono negativi, ma accusano sintomi di varia natura quali: stanchezza, miastenia, fiato corto, debolezza in generale, nebbia cognitiva, e anche perdita di capelli, oltre che, per alcuni, perdita dei denti.

Diversi gli studi condotti su questi pazienti, per capire la causa di questi sintomi. Nello studio della Rockefeller University, si dimostra che il Covid rimane vivo e infettivo dopo oltre sei mesi nell’intestino del 50% dei long-haulers, come spiegato da  Alessandro Santin, responsabile del team di ricerca dello Smilow Cancer Center e direttore del dipartimento di oncologia di Yale School of Medicine. 

Secondo Santin, il fenomeno può essere spiegato come: -“Il virus riesca a persistere in piccole quantità nascondendosi in alcuni organi nel corpo dei long-haulers (che “non” sono comunque normalmente infettivi) ma il sistema immunitario continua a percepirne la presenza e in particolare le mast cells (mastociti, o mastcellule, sono cellule immunitarie, ndr) e i macrofagi (cellule del sistema immunitario) continuano a secernere non più una “tempesta di citochine” ma una “pioggia di citochine”che sono segno di infiammazione cronica persistente e che causano i sintomi debilitanti e l’incapacità a guarire”.

Poi continua: –Esistono infatti casi pubblicati di pazienti long-haulers che dopo mesi dall’infezione acuta e multipli tamponi negativi a causa di altre patologie (cancro) e delle conseguenti cure che possono portare a immunocompromissione, il virus si “riattiva” e causa una acutizzazione della sua virulenza e un aggravamento importante della malattia”.

Altro studio è quello portato avanti dai ricercatori francesi del Tours University Hospital, in cui hanno seguito 150 pazienti non critici da marzo a giugno: di questi due terzi hanno riportato sintomi fino a 60 giorni dopo essersi ammalati, e un terzo stava ancora male, in alcuni casi stava in condizioni peggiori rispetto a quando era iniziata l’infezione. 

Un differente studio invece, portato avanti dal CDC americano, ha dimostrato che il 35% di pazienti Covid-19 non era ancora tornato allo stato di salute prima che contraesse l’infezione, nemmeno dopo 3 settimane dal tampone negativo. I più colpiti sono risultati i malati affetti da patologie croniche, ma circa 1 su 5 aveva un’età compresa tra i 18 e i 34 anni, tutti senza patologie pregresse.

Come affrontare il problema dei long-haulers

La presenza in costante crescita di questi pazienti, sta diventando un problema anche dal punto di vista sanitario. A New York ad esempio, è stato aperto un centro al Mount Sinai, per l’assistenza post Covid; stessa cosa in Gran Bretagna. 

Oltre a questi centri assistenza, sempre in America, si è deciso di trattare questi pazienti con una serie di farmaci venduti, che non richiedono ricetta medica (anti-istaminici H1/H2 come Pepcid/famotidina e Zyrtec/cetirizina per citartene solo alcuni che come l’aspirina sono super economici e potenzialmente sicuri, in aggiunta a supplementi di vitamina D e C).

Secondo il dottor Santini, questi farmaci funzionano, riducendo la sintomatologia e consentendo al paziente di ritornare ad una vita “quasi” normale. In ogni caso, prima di asumerli, è sempre necessario consultare prima il proprio medico.