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Bagno in mare o in piscina: ecco quanto bisogna aspettare dopo aver mangiato

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Recenti studi dimostrano che se si è in buona salute non è necessario aspettare tre ore per fare il bagno dopo aver mangiato: serve solo buon senso

“Aspetta a fare il bagno, che hai appena mangiato!”. Chi di voi non ha mai ricevuto almeno una volta questa raccomandazione da una mamma o da nonna particolarmente apprensiva? Sarà capitato a tutti, eppure oggi la scienza ci dice qualcosa di diverso. Secondo molti esperti, infatti, non c’è nessuna tempistica precisa da rispettare prima di potersi tuffare in mare dopo aver mangiato. Tutto dipende dal buon senso. La regola delle tre ore sembra più una preoccupazione tutta italiana che di altri paesi, dove il suggerimento è magari quello di aspettare un’ora, non tre.

La notizia è stata riportata dal il sito Consumatrici.it. Qui Riccardo Ristori, medico del pronto soccorso a Livorno nonché direttore scientifico della Salvamento Academy, ha risposto alla annosa questione riguardante il bagno in mare dopo pranzo. A quanto sembra, il parametro per poter decidere quando è meglio tuffarsi in acqua dopo mangiato non è il tempo trascorso dall’ultimo spuntino, ma un altro. La regola da seguire è una sola: entrare in acqua se ci si sente in buone condizioni fisiche, se si sta bene. Insomma, bisogna ascoltare il nostro corpo, i segnali che esso ci invia. Questo è quello che ha ribadito il medico.

Bagno in mare o in piscina: non serve aspettare 3 ore se siamo in buona salute

Quindi non servirebbe aspettare le rinomate tre ore per poter fare il bagno in mare. Il nostro fisico, se si trova in condizioni di salute buone, è perfettamente in grado di stare nell’acqua e nello stesso tempo di svolgere e completare il processo fisiologico della digestione. Le cause più frequenti di annegamento, del resto, sono altre. Nel bambino, ad esempio, può essere la mancanza di sorveglianza. Nell’adulto, invece, l’incapacità di uscire da una zona di corrente e la presenza improvvisa di una patologia, come un ictus, un infarto o una convulsione, che si manifestano casualmente quando ci si trova in acqua.

L’unica cosa da evitare è pertanto lo choc termico. Lo sanno bene i tuffatori sportivi che, prima di ogni tuffo, si fanno una preventiva doccia. Ma nel caso dello choc termico, bisogna considerare che esso è una condizione che si verifica quando la temperatura dell’acqua si trova sotto i cinque gradi. L’acqua del nostri mari si aggira mediamente attorno ai 20-21 gradi. Quindi è evidente che la congestione così tanto paventata è alquanto remota. Di sicuro una buona regola prima di tuffarsi rimane sempre quella di non abbuffarsi e di evitare alcolici. Non tanto per il rischio di congestione, quanto più per quello della sincope. Quest’ultima, infatti, può portare all’annegamento anche in pochi centimetri di acqua.

Bagno dopo mangiato: la letteratura scientifica sul fenomeno sembra rassicurante

L’Organizzazione Mondiale della Sanità annovera come fattori di rischio annegamento altri motivi che non siano quelli legati alla digestione. Sottolinea però che i bambini sono comunque tra i soggetti maggiormente a rischio di annegamento. Per cui evidenzia che lasciarli soli vicino all’acqua può mettere seriamente a rischio la loro incolumità. Questo ovviamente vale al mare così come in piscina.

L’Academy American Pediatrics raccomanda anch’essa di non lasciare mai i bambini da soli, neppure per un attimo, in prossimità dell’acqua. Si ricorda dunque che una stretta sorveglianza da parte di un adulto è il modo migliore per prevenire l’annegamento dei bambini. Anche non saper nuotare è un fattore che aumenta il rischio di disavventure in acqua. Per questo motivo il The Centers for Desease Control and Prevention ricorda anche l’importanza di imparare a nuotare fin da piccoli. In questo modo si riduce notevolmente il rischio di annegamento tra i bambini.