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Coronavirus, la Lombardia e il sospetto sui dati degli ultimi contagi

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Per la Fondazione Gimbe qualcosa non torna nei dati sul coronavirus in Lombardia. Affermazioni per le quali ha regione ha deciso di sporgere querela.

Per ora è solo un sospetto. Ma, se confermato, quello avanzato dalla Fondazione Gimbe potrebbe essere un caso grave. Il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, ha dichiarato che la Lombardia potrebbe aver aggiustato i dati degli ultimi contagi di coronavirus per evitare un nuovo, pesante lockdown. “È come se ci fosse una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati” ha detto Cartabellotta ai microfoni di Radio24.

Presentata querela da parte della regione

A seguito delle accuse mosse nei confronti delle autorità regionali, nel pomeriggio del 28 maggio la Lombardia ha deciso di sporgere querela contro la Fondazione Gimbe e il suo presidente Nino Cartabellotta, per quelle che a suo dire sono: “Accuse intollerabili e prive di ogni fondamento”, aggiungendo: “Il presidente di Gimbe dovrà risponderne personalmente”.

Nella stessa nota ufficiale diramata dalla regione è possibile inoltre leggere la replica delle autorità locali alle affermazioni di Cartabellotta: “I nostri dati, come previsto dal protocollo condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianamente e con la massima trasparenza all’Istituto Superiore Sanità.

La Lombardia ha alterato i dati sui contagi da coronavirus?

Secondo la Fondazione Gimbe, che si occupa di rendere più chiara e accessibile la ricerca scientifica, qualcosa non torna. Innanzitutto, i nuovi casi positivi non rispecchiano la realtà: “È evidente che i casi sommersi sono 10-20 volte quelli esistenti e se non li vado a identificare, tracciare e isolare questi continuano a girare e contagiare” aggiunge Cartabellotta. Per il presidente, non si vogliono fare troppi tamponi per “evitare di mettere sul piatto troppi casi“. Questo vale soprattutto per la Lombardia – sostiene: la regione ha il 6% di tamponi diagnostici positivi: una percentuale molto bassa, che si riflette anche nelle altre regioni, quelle più colpite. La Liguria è al 5,8%, mentre il Piemonte al 3,8%. “Il virus, per trovarlo lo devi cercare; se non lo cerchi non è certo che non ci sia” specifica.

Zero decessi: sospetto sui reali contagi

Su tutti, il caso della Regione Lombardia è quello che più preoccupa la Fondazione Gimbe. Chiedere di ripartire con pochi tamponi effettuati è, per gli esperti del team, rischioso. Cartabellotta riflette anche sulle “stranezze” capitate negli ultimi giorni. Su tutti, il caso dei decessi zero in Lombardia il 24 maggio scorso, smentiti da due morti segnalati dall’Ats di Brescia. “La nostra grossa preoccupazione è che in questo momento la situazione lombarda sia quella che uscirà per ultima da questa tragedia […]. Se si chiude troppo tardi e si vuole riaprire troppo presto, e si combinano anche dei magheggi sui numeri, allora è ovvio che la volontà politica non è quella di dominare l’epidemia, ma di ripartire al più presto […]. Questo non lascia tranquilli” dichiara Cartabellotta.

Tamponi: utili a monitorare il coronavirus?

La Fondazione Gimbe richiama alla centralità dei tamponi per tracciare l’andamento del virus. Ai primo posti per l’attività di testing massiccio ci sono Valle d’Aosta e provincia di Trento (con 4.200 tamponi per 100mila abitanti), seguite dalla Basilicata e dal Friuli Venezia-Giulia (2.200, 2.300 tamponi). Le regioni più colpite, invece, sono a 1.200, 1.500 tamponi al giorno. Agli ultimi posti, Puglia, Sicilia e Campania con un range fra 250 e 800 tamponi al giorno. Sul Nord, Cartabellotta sospetta la voglia di riaprire a tutti i costi.

E sull’efficacia della patente d’immunità, esprime scettico: “La patente è attribuita ai test sierologici che di fatto hanno una specificità molto bassa con troppi falsi positivi, ma in ogni caso anche se uno è negativo può contagiarsi il giorno dopo”.