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Sentenza Mediaset, il giudice Franco registrava i colleghi?

L'ex premier italiano Silvio Berlusconi

Nuovi retroscena sul registratore scoperto che riporta gli audio del giudice Franco sulla sentenza Mediaset a Silvio Berlusconi.

Le parole del giudice di Cassazione Amedeo Franco riguardo la sentenza Mediaset, sarebbero state riprese da un registratore nascosto in bagno in sede di Camera di Consiglio. I dialoghi del giudice ora morto – su cui recentemente si è espresso anche Silvio Berlusconi – con i suoi colleghi togati riguarderebbero le conclusioni riguardo una delle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi, il processo Mediaset. La testimonianza arriva da due magistrati che si occupano della vicenda che, come riferisce Repubblica, hanno confermato la notizia ricostruendo quegli attimi in assise in Camera di Consiglio. Gli audio del giudice Franco in alcuni di essi Franco parlava di “sentenza sbagliata”– farebbero riferimento, tra le altre cose, alle considerazioni riguardo il trattamento a Silvio Berlusconi nel processo ai diritti Mediaset, processo che nel 2013 era costato all’ex premier la decadenza dalla carica di senatore della Repubblica italiana e che si concluse con la pena di due anni d’interdizione dai pubblici uffici emessa con sentenza della Corte di Cassazione, dichiarata estinta poco dopo dal tribunale di sorveglianza di Milano.

Sentenza Mediaset, audio di Franco

Il procedimento giudiziario ai danni di Silvio Berlusconi conosciuto come sentenza sui diritti Mediaset si arricchisce di altri particolari, che evidenziano le insidie portate fin dentro le stanze della Camera di Consiglio della Corte dìAssise. Ecco il racconto di un togato -di cui non è svelata l’identità – sul registratore scovato in bagno, che non è stato ancora provato sia stato messo in bagno dallo stesso Franco: “D’un tratto, si sentono rumori di fondo“- racconta – “quel gracchiare assume un suono più nitido: sembrano proprio le loro voci, di poco prima, registrate“. Al ché il giudice Franco si sarebbe alzato di scatto. “Mette le mani in tasca come a chiudere qualcosa, a premere un tasto“. “Imbarazzato, così apparirebbe ai colleghi, esce, va in bagno. Torna dopo poco. Dice che è tutto a posto. I colleghi sono interdetti. Un altro di loro si stacca e va in bagno“. E lì la scoperta: “In un angolo, un dispositivo o un cellulare nascosto: lo prende, lo riporta in camera. E non so altro. Spiegazioni? Non mi risulta che Franco ne abbia date, di plausibili“. Sulla vicenda intervengono altri due magistrati per far luce sull’eventuale attentato al segreto d’ufficio dei magistrati che si materializzò tra quelle quattro mura: “Sono tenuto al segreto, non posso entrare assolutamente nel merito” queste le parole del giudice Antonio Esposito, posizione condivisa dal suo collega, il giudice Giuseppe de Marzio: “Non si può assolutamente parlare di cosa accade in una camera di consiglio“. Lo scoglio del dovere di riservatezza del giudice potrà essere superato solo da un provvedimento che ‘liberi’ un togato permettendogli di parlare: “Potrei essere liberato dal mio dovere di totale riserbo solo se venissi interrogato, da un organo giudiziario o amministrativo” spiega il consigliere Ercole Aprile.