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Iss: "Stessi contagi di febbraio, ma la fase dell'epidemia è diversa"

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"Siamo in un fase diversa dell'epidemia", così l'Iss sull'aumento del numero di contagi in Italia.

L’Istituto Superiore di Sanità, Iss, ha diffuso sul proprio sito una Faq in cui ha sottolineato come, malgrado il costante aumento dei contagi registrato nell’ultimo periodo – con numeri molto simili a quelli di fine febbraio -, sia impossibile paragonare i due periodi in quanto siamo in una fase dell’epidemia molto diversa. Nonostante l’aumento dell’incidenza, spiegano gli esperti, la trasmissibilità dei casi non è infatti cresciuta molto: “Questo dato suggerisce che il grande lavoro svolto dai servizi territoriali ha per il momento contenuto la diffusione del virus sul nostro territorio”.

Iss: “Contagi? Fase dell’epidemia diversa”

Con specifico riferimento all’indice Rt, l’Iss sottolinea che a febbraio i casi erano diagnosticati quasi esclusivamente nei sintomatici e l’Rt stimato era oltre 2.“Rt – si legge nella Fag dell’Iss – ci dice che, nonostante sia osservato un aumento continuo dei casi totali da metà luglio, al netto dei casi asintomatici identificati attraverso attività di screening/tracciamento dei contatti e dei casi importati da stato estero (categorie non mutuamente esclusive), vi è stata stabilizzazione e solo recentemente un lieve aumento della trasmissibilità. Questo ci permette di affermare assieme ad altri dati che, sebbene il numero di casi riportato giornalmente sia numericamente simile a quanto riportato alla fine di febbraio 2020, la fase epidemiologica è completamente diversa con casi diagnosticati quasi esclusivamente in sintomatici ed un Rt stimato ad oltre 2″.

“La maggior parte dei casi – conclude l’Istituto – è identificato attraverso screening di popolazione e ricerca dei contatti con identificazione dei focolai e rapida realizzazione di misure di isolamento e quarantena. Il fatto che non vi sia sovraccarico dei servizi assistenziali è una conferma di questo. Allo stesso tempo però l’aumento dei casi diagnosticati conferma che ci sia una elevata circolazione del virus (sia autoctono che re-introdotto da altri Paesi) dà conto dell’aumento del lavoro richiesto agli stessi servizi territoriali le cui capacità di risposta rischiano di essere messe a dura prova”.