Una amara bugia portata avanti per oltre vent’anni. È la storia di un imprenditore di Perugia, che per una vita ha erroneamente creduto di essere il padre biologico dei suoi due figli. L’allora moglie, in realtà, aveva concepito i bambini con un uomo con cui aveva una relazione extra-coniugale.
I sospetti dell’uomo e il test del Dna
La coppia era convolata a nozze nel 1990 con quel che viene comunemente definito un “matrimonio riparatore“. La donna, infatti, era già in dolce attesa del primo figlio. Il bambino era nato mentre i due vivevano insieme ed era stato legamente riconosciuto dall’imprenditore umbro, il quale credeva di essere il padre biologico del nascituro. Tre anni dopo, invece, era venuta alla luce una bambina.
Oltre dieci anni dopo l’unione la coppia aveva deciso di separarsi e il tribunale aveva assegnato al padre il mantenimento dei due figli, che intanto sono diventati maggiorenni. Nel 2006, a seguito della fine della relazione, l’imprenditore di Perugia iniziò a tuttavia a nutrire alcuni dubbi in merito alla fedeltà della moglie negli anni di matrimonio e, indagando, scoprì la presenza di un altro uomo nella sua vita.
Soltanto negli anni successivi, tuttavia, l’uomo ha avuto il coraggio di far avviare una procedura che ha portato a sottoporre i due figli al test del Dna. Quest’ultimo ha confermato l’amara verità: l’imprenditore non è il padre biologico di coloro che per oltre vent’anni ha mantenuto. Nel 2018 è arrivato dunque il disconoscimento formale della paternità.
Il maxi-risarcimento
Il tribunale civile di Perugia, nella sentenza di primo grado del processo in questione, ha stabilito che la donna dovrà risarcire l’ex marito per ben 150mila euro, ovvero la spesa sostenuta dall’uomo per il mantenimento dei figli.
“Tecnicamente – ha dichiarato il legale dell’imprenditore, Marcello Pecorari, all’Ansa – è stato riconosciuto un danno endo-famigliare legato al comportamento ritenuto illegittimo del coniuge per aver fatto credere all’altro che i figli fossero stati i suoi”.