La Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta sul caso della bimba che, venuta al mondo al sesto mese di gravidanza da una donna positiva al coronavirus, è morta poco dopo il parto. L’ipotesi di omicidio colposo, al momento contro ignoti, è partita da una richiesta dei genitori che hanno denunciato la mancanza di un’incubatrice all’interno dell’ambulanza e i ritardi da parte del personale medico.
Positiva al virus partorisce e la bimba muore
Tutto è iniziato quando alle 6:43 Maria Pappagallo, 29 anni, ha iniziato ad avvertire dei dolori all’addome. Dopo essersi resa conto che non si trattava di fitte passeggere, non ha fatto nemmeno in tempo a chiamare il ginecologo che ha dato alla luce la sua bimba dopo sei mesi di gravidanza. L’ambulanza, chiamata secondo il compagno alle 6:44, è giunta con un ritardo di quasi mezz’ora.
A confermarlo è stato il responsabile del 118 il quale ha spiegato che medici e infermieri hanno impiegato almeno dieci minuti per l’equipaggiamento anti coronavirus – reso necessario dal fatto che la donna era positiva – e il resto del tempo per raggiungere la sua abitazione. “Posso confermare che non è stato perso neppure un minuto e tutto è stato fatto con il massimo della correttezza“, ha aggiunto.
Il problema è che il mezzo di soccorso giunto non aveva l’incubatrice e gli strumenti necessari per soccorrere la neonata. Il tutto nonostante il papà avesse specificato al telefono tutta la situazione. Ciò che andrà chiarito dalla magistratura è quindi se l’ambulanza avesse un supporto alla respirazione neonatale. Ma anche quanto tempo è passato prima di portare la piccola in ospedale. “Purtroppo si è trattato di un evento imprevedibile, difficile, se non impossibile, da affrontare all’esterno di un ospedale“, ha ribadito il responsabile del 118. Consapevole del lutto e della disperazione dei familiari, ha affermato di confidare nelle verifiche della Procura.