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Bologna zona rossa, il medico: "Era inevitabile"

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I medici bolognesi avvertono: "La zona rossa era inevitabile. Non ci sono posti liberi in terapia intensiva"

La città di Bologna è in zona rossa: una decisione inevitabile, almeno secondo i medici, che hanno visto le terapie intensive riempirsi in maniera impressionante. Così il direttore della struttura complessa di Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna ha descritto la situazione drammatica che si sta vivendo negli ospedali della zona.

Bologna zona rossa, medico: “Inevitabile”

“Faccio un paragone che può essere un po’ scioccante, ma penso che Bologna in questo momento possa essere paragonata a Bergamo durante la prima ondata”. Il paragone, molto forte, è quello del professor Stefano Nava, da un anno ormai in prima linea durante l’emergenza. “La situazione attuale è drammatica“. Lo testimonia l’ultimo bollettino di Regione, che vede un incremento di oltre 2000 positivi. Ma lo testimoniano anche i dottori, primi a vedere cosa sta succedendo negli ospedali. “La prosecuzione della seconda ondata o la terza, che dir si voglia, è molto violenta sia numericamente sia da un punto di vista della severità della malattia” afferma il professor Nava.

Nava: “Posti letto tutti occupati”

A preoccupare, nel bolognese, è la mancanza di posti letto negli ospedali. “In questo ospedale, nel giro di una settimana, abbiamo attivato circa 140 nuovi posti letti che sono stati occupati in breve tempo -commenta Nava-. Questo virus si propaga con un indice di contagiosità molto più elevato rispetto a quello a cui eravamo abituati durante la prima ondata. E soprattutto molti di questi pazienti rimangono a casa per qualche giorno e poi peggiorano drasticamente“. Il peggioramento li porta in ospedale, ad occupare tutti i posti letto possibili. “Faccio parte del coordinamento regionale delle terapie intensive e sub-intensive. Ci aggiorniamo ogni giorno e di posti liberi non ce ne sono -spiega ancora il professore-. In questa regione ogni giorno ci sono uno o due posti liberi in terapia intensiva e semi-intensiva”. Ma a preoccupare maggiormente il mondo sanitario è la mancanza di attenzione verso un virus che, dopo un anno, fa ancora molto male. “Io sono rimasto un po’ perplesso del cambiamento delle abitudini dei cittadini rispetto alla prima ondata -commenta Nava-. Le persone forse non hanno ancora capito cosa significhi ammalarsi di Covid. Il Covid esiste, eccome”.