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Coronavirus, gli italiani licenziati in Australia chiedono il rimpatrio

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Gli italiani licenziati in Australia dopo la chiusura delle attività per coronavirus chiedono di tornare a casa.

In Australia il lockdown da coronavirus ha fatto sì che molti giovani italiani con visto temporaneo siano stati licenziati e ora chiedano di poter tornare in Italia, ma non ci sarebbero voli aerei per poterlo fare. L‘Ambasciata d’Italia di Canberra ha fatto sapere che allo stato attuale non sono previsti voli speciali di rientro, ma che sarebbe a lavoro per tenere aperte le tratte attualmente disponibili e a prezzi accessibili. La compagnia aerea Qarar Airways, ad esempio, continua regolarmente ad effettuare voli con dei posti liberi in economy e avrebbe messo a disposizione dei viaggiatori di rientro uno scontro del 10% fino al 15 aprile.

Coronavirus, la situazione degli italiani licenziati in Australia

La situazione per gli stranieri in Australia è molto complicata, infatti con l’aumento dei casi, al momento 2550 con 12 morti, sono stati molti gli italiani, e non solo, licenziati a seguito della chiusura di innumerevoli aziende. Oltre al licenziamento si aggiunge per tutti coloro rimasti senza lavoro l’impossibilità di tornare nel loro paese natale e la totale assenza per loro di coperture sociali come il sussidio di disoccupazione.

La Farnesina sugli italiani licenziati in Australia

La situazione dei nostri compatrioti licenziati e bloccati in Australia è seguita con grande attenzione dalla Farnesina con il senatore Francesco Giacobbe, del Pd, e il deputato Nicola Carè, di Italia Viva impegnati in prima linea in questa ripartizione estera. Giacobbe, nello specifico, ha scritto al ministro degli Esteri Luigi Di Maio chiedendo un intervento diplomatico per mantenere attive le tratte aeree dall’Australia o per organizzare un volo charter direttamente dall’Italia.

Carè ha invece chiesto delle delucidazione sul divieto imposto in Italia di muoversi al di fuori del proprio comune di residenza. Il dubbio in tal senso è legato al fatto che non è chiaro se questo comporti delle restrizioni anche per gli iscritti all’anagrafe degli italiani all’estero (Aire) che decidano di rientrare in Italia.