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Le aziende abbandonano le Borse e il mercato azionario è sempre meno rappresentativo

Borsa

Venticinque anni fa erano oltre 2.600 le aziende quotate sul listino britannico.  Alla fine dello scorso, questo numero è crollato  del 60% circa. 

Venticinque anni fa erano oltre 2.600 le aziende quotate sul listino britannico. Alla fine dello scorso, questo numero è crollato del 60% circa. Se allarghiamo l’orizzonte temporale le cifre peggiorano: dagli anni Sessanta il numero delle società quotate alla Borsa londinese è crollato del 75% circa. La crisi è pressochè globale: la Germania ha perso poco meno del 50% delle società negli ultimi 15 anni. Anche gli States hanno registrato un calo analogo ma dal 1995, nonostante il boom delle IPO di due anni fa. Le ragioni sono varie: da una parte solo poche società hanno deciso di quotarsi sui listini, dall’altra invece si è registrata una fuoriuscita costante di società in uscita, specialmente dopo essere state acquisite.

Negli USA tra l’80 ed il 2000 si sono mediamente quotate più di trecento società ogni anno. Da allora il dato si è ridotto a 130 all’anno. Così come in Inghilterra, dopo la crisi finanziaria il numero delle ‘new entry’ è crollato senza più registrare una decisa ripresa. Anche la raccolta di capitali nelle offerte pubbliche iniziali (IPO) inglesi è in continuo calo: da oltre 30 anni per le società ubicate nel Regno Unito; per le società estere invece, il fenomeno si è verificato solo recentemente. La conseguenza di tutto ciò è che oggi il mercato azionario rappresenta sempre meno la galassia delle aziende. Solo per fare un esempio, negli States solo il 15% delle società con un giro d’affari sopra i 100mln è quotato in borsa, con la conseguenza che i privati investitori non hanno l’opportunità di investire concretamente in tutte le altre. Le motivazioni principali sono due. Anzitutto sono cresciuti i costi e le complicazioni di essere una società caratterizzata da un azionariato diffuso; per esempio ad oggi la relazione annuale di una public company è aumentata di quasi il 50% nell’ultimo quinquennio. Per le società del Financial Times Stock Exchange 100 Index, il più popolare indice azionario del Regno Unito la lunghezza raggiunge le 148.000 parole e 238 pagine. Questa tendenza si è concretizzata anche in altri mercati come l’AIM di Londra con un numero medio di parole nelle relazioni annuali comprensibilmente più basso ma con un tasso di crescita decisamente superiore a quello delle quotate maggiori, con una crescita del 52% negli ultimi anni.

L’altro motivo per cui molte società rinunciano a quotarsi in borsa è da ricercarsi nell’affermazione del private equity, passato da un settore da 500mld circa di dollari nel 2000 ad oltre 7500 mld nel 2022, con la possibilità quindi di finanziare corposamente le aziende in un ciclo molto più evoluto della loro crescita rispetto al passato. Le aziende non si rivolgono al private equity solo per soldi. I più bravi investitori di private equity dispongono anche di una vasta esperienza nel settore e ricorrono ad un metodo molto più pratico per creare valore. Sono richiesti sia dai risparmiatori sia dalle società .

I mercati azionari sono il modo più semplice e pratico con cui gli investitori possono contribuire alla crescita del comparto aziendale. Il private equity è storicamente appannaggio dei grandi investitori. Malgrado ciò, con le società che decidono di rimanere private il più a lungo possibile i risparmiatori focalizzati sul mercato azionario restano esclusi da un’ampia fetta dell’economia globale. Se le aziende di elevato standing sono poche motivate a quotarsi in Borsa, il pericolo è che col tempo il livello qualitativo dei mercati pubblici degeneri con la conseguenza che i rendimenti dei mercati pubblici diminuiscano a vantaggio di quelli privati. In Europa e in Inghilterra sono stati creati nuovi canali di investimento noti col nome di ELTIF (LTAF nel Regno Unito) che consentono agli investitori privati l’accesso ad un parterre più ampio di investimenti, inclusi i mercati privati. Occorre comunque migliorare la capacità di attrazione del quotarsi in borsa rispetto all’alternativa privata magari con proposte rivolte ai fondi pensione ed alle compagnie di assicurazione per rivitalizzare i loro interessi verso i mercati azionari.