> > Aaron Durogati sfiora il record mondiale: "è indescrivibile"

Aaron Durogati sfiora il record mondiale: "è indescrivibile"

Aaron Durogati Brasile

Intervista esclusiva ad Aaron Durogati, nel corso della quale racconta la sua grandissima impresa in parapendio in Brasile: un volo da 509 km.

Mitica l’impresa di Aaron Durogati in Brasile: il talento altoatesino ha attraversato in volo lo stato del Rio Grande del Nord per più di 500 chilometri con il suo parapendio, sfiorando il record del mondo. Partito dalla cittadina di Caicó, dopo più di undici ore di volo, è atterrato a Paqueta.

Durogati ha viaggiato a oltre 46 km/h di media, toccando la quota massima di 3096 metri. Solo Donizete Baldessar Lemos riuscì a fare di meglio, percorrendo ben 572 chilometri nel 2016. Una grandissima impresa quella del nostro atleta, non nuovo ad avventure spericolate ed incredibili come questa.

Chi è Aaron Durogati?

Una vita al limite passata tra sci e voli quella di Aaron. Nato il 6 luglio 1986 a Merano (Alto Adige) cresce in montagna tra le Alpi e non può che rimanere follemente attratto da ciò che lo circonda. Dopo il primo volo, infatti, all’età di sei anni, si innamora dei cieli e dell’ebrezza di guardare dall’alto verso il basso il mondo intero. La passione si trasforma presto in lavoro e sacrifico che lo porterà a vincere la Coppa del Mondo nel 2013 e nel 2017.

Un uomo, oltre che ad un atleta, da ammirare per tutto ciò che ha conquistato e per i limiti che si è imposto di superare. Innumerevoli i viaggi e le imprese che ha affrontato: ha attraversato India e Bulgaria tra parapendio e camminate, ha scalato tre 4000 metri (Monte Bianco, Monte Rosa e il Breithorn) per poi lanciarsi dalle tre cime con il suo parapendio. Queste sono solo alcune delle grandissime avventure incredibili di Aaron.

Aaron Durogati

L’intervista

Dopo un’impresa come quella in Brasile, ossia di volare per più di 500 km con il suo parapendio, cosa si prova?

È una cosa davvero speciale. Volare per undici ore è sia mentalmente che fisicamente dura. Bisogna essere sempre molto concentrati alle condizioni climatiche che cambiano in continuazione: in 500 km succedono tantissime cose e bisogna sempre essere attenti. È comunque una sensazione bellissima ed indescrivibile.

Come ci si prepara per un’avventura come questa?

C’è una parte di studio che riguarda la meteorologia e le traiettorie da seguire. Bisogna cercare e studiare i percorsi fatti da altri piloti per capire come impostare il proprio viaggio. Importante è guardare anche la conformazione del territorio: pianure, colline e montagne. Poi c’è la parte più divertente: l’allenamento, sia la parte di volo che quella più fisica.

Cosa si prova a stare a 3000 metri di altezza?

È molto particolare da descrivere. Quando sei molto in alto perdi la sensazione della terra. Quando si vola basso (a circa 100m) si riesce a vedere bene le case, le strade, i torrenti. Voli accanto agli uccelli, in Brasile è pieno di avvoltoi per esempio. È un tipo di volo che assapori con gli occhi. Quando sei in alto hai una visione globale: è tutto piccolo e grande. Sei molto più distaccato.

Nella sua carriera ha intrapreso moltissimi viaggi come quelli in India e in Bulgaria, oltre a quest’ultimo in Brasile. Quale tra questi le è piaciuto di più?

Ogni progetto che ho fatto è stato bellissimo a modo suo. Per me è sempre difficile fare paragoni. Ogni cosa è bella a modo suo. In India è stato un progetto molto particolare: ho volato anche a più di seimila metri di altezza. Le condizioni erano precarie e selvagge: senza connessione internet e senza previsioni meteo potevo fidarmi solo della mia esperienza. In Bulgaria, invece, è stato molto difficile per altri motivi: sopratutto da un punto di vista fisico. Infatti abbiamo percorso tantissimi chilometri a piedi a causa delle condizioni meteo pessime.

Si ricorda il primo volo?

Sinceramente non ho grandi ricordi: avevo solo sei anni. Penso mi sia piaciuto.

Essendo uno sport di nicchia quello del parapendio, la visibilità è molto bassa, soprattutto in Italia. Esiste qualche modo attraverso il quale lo si può rendere più accessibile?

Sicuramente è e rimarrà uno sport di nicchia. Si deve praticare in montagna e di conseguenza non può essere accessibile a tutti. Però il parapendio ha avuto il suo boom negli anni ’90. Ora ne sta avendo un secondo grazie a parapendii molto moderni e leggeri. La sicurezza sta aumentando sempre di più e questo porta tantissimi appassionati a praticare sempre di più questo tipo di sport. Ovviamente non potrà mai diventare il calcio.

Prova spesso paura?

Si, capita spesso. Ed è giusto che sia così: mi fa rimanere concentrato ed attento. Sono per aria e normalmente una persona non dovrebbe esserlo, per lo più con un ‘fazzoletto’ a tenermi in volo.

Quanto conta la motivazione o la passione in uno sport come questo, dove superare sé stessi è all’ordine del giorno?

Io sono una persona molto motivata che cerca di eccellere in quello che fa. Dall’altra parte invece mi diverto tantissimo. Se qualcuno vede dall’esterno ciò che faccio nota ore e ore di sacrifici ed allenamenti tutti i giorni. Quello che fa la differenza è che a me non pesa minimamente. Fin da quando sono piccolo ho sempre voluto fare questo: vivere la mia vita in montagna e volare. Ho avuto la fortuna di poterlo fare, quindi sono contento e spero vada avanti ancora per molti anni.