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Tifoso morto, la moglie: "Non ha mai fatto male a nessuno"

La moglie di Belardinelli: "Era un gran lavoratore"

La moglie di Daniele Belardinelli: "Era un gran lavoratore". In passato l'uomo, ultrà del Varese e dell'Inter, era stato colpito da due Daspo.

“Era una brava persona, gli volevamo tutti bene. Mio marito era solo un gran lavoratore. La casa, le due macchine di proprietà e il furgone sono frutto del suo lavoro”. A parlare, come riporta la Gazzetta dello Sport, è la moglie di Daniele Belardinelli, il tifoso morto a seguito degli scontri vicino a San Siro prima di Inter-Napoli. Sul tragico epilogo nella notte di Santo Stefano Cristina, questo il nome della donna, spiega: “Sapevo che si sarebbe trovato con gli amici per andare allo stadio. Gli piaceva andare allo stadio ma non ha mai fatto male a nessuno”.

Il profilo di Daniele Belardinelli

Daniele Belardinelli, padre di due figli, faceva il piastrellista nella Edilfalco, società con sede in Svizzera e di cui era socio. L’uomo era anche un esponente di spicco della curva del Varese, in particolare del gruppo di estrema destra dei Blood Honor, gemellati con i tifosi dell’Inter (e presenti, insieme ai sostenitori del Nizza, il 26 dicembre nell’agguato teso dai supporter nerazzurri a quelli del Napoli). Accanto alla passione per il calcio quella per la scherma corta: il 39enne praticava con buoni risultati questa disciplina, abbandonata negli ultimi anni a causa del lavoro.

I due Daspo

In passato Belardinelli era stato colpito per due volte dal Daspo, il divieto di accesso alle manifestazioni sportive. L’11 novembre 2007 aveva infatti partecipato agli scontri con la polizia al termine di Varese-Lumezzane e colpito Sean Sogliano, l’allora ds della squadra lombarda (gli ultrà non volevano che la partita si giocasse dopo la morte del tifoso della Lazio Gabriele Sandri). A quel Daspo di 5 anni ne aveva fatto seguito un altro nel 2012 per altri scontri nel corso dell’amichevole fra Como e Inter. Il 39enne, sottolinea la Gazzetta dello Sport, attualmente poteva recarsi allo stadio sebbene sottoposto all’affidamento in prova ai servizi sociali.