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Davide Iovinella, dal calcio alla Rocco Siffredi Academy

Davide Iovinella dal calcio ai film hard

Il giovane calciatore campano spiega come ha saputo coniugare la carriera sportiva a quella da attore di film a luci rosse.

Dai campi da calcio ai set cinematografici. Non set di film qualsiasi, ma quelli hard in cui a dirigere i lavori c’è il re, Rocco Siffredi. A coniugare queste due carriere apparentemente così distanti tra loro è Davide Iovinella, calciatore nato e cresciuto a Marcianise, in provincia di Caserta, che per oltre un anno ha saputo dividersi tra il suo ruolo di difensore in Campania e quello di attore in Ungheria. E ha svelato che, a dispetto dei tabù e dei pregiudizi, se c’è qualcosa che ha imparato dalle sue due passioni è la disciplina e il rispetto: “Gli allenatori mi hanno insegnato a rispettare gli avversari, Rocco Siffredi a rispettare le donne“.

L’esordio nel cinema hard

Marcianise è terra di boxe, grazie al maestro Mimmo Brillantino. Ma Iovinella ha scelto una strada diversa, anzi due. A Repubblica ha raccontato che tutti in paese lo chiamavano Dadà, ma da qualche tempo ha un nuovo nome d’arte: Davide Montana, scelto dal maestro Rocco in persona. Tutto è iniziato con delle comuni chiacchiere da spogliatoio: “Di sesso tra compagni di squadra si parla molto. I calciatori sono lupi a caccia, in più c’è quel momento lì [nella doccia, ndr] che crea un’intimità superiore. Ma il calcio resta un posto bigotto, pieno di gente convinta che i rapporti facciano male. Non è vero, nemmeno prima delle partite”.

Così è arrivato il momento dei primi provini: “Ho dovuto passarne parecchi. All’inizio basta solo dimostrare di essere a proprio agio fra tre o quattro ragazze e io ci riuscivo”. Così è arrivato fin all’Academy, dove, spiega, “nessuno si preoccupa delle misure, conta la percezione visiva. Io conosco la mia solo perché per scherzo una ragazza voleva togliersi la curiosità”.

“Reggere sul set? Questione di testa”

Quello dell’attore porno è un lavoro serio, spiega Iovinella, e lo hanno capito anche i suoi genitori. In famiglia sono “tutti consenzienti. Quando ho comunicato cosa avevo in mente mio padre ha risposto: ‘Va bene, ma stai attento e non fare nulla che danneggi la tua salute'”. All’Academy si sta sul set cinque ore al mattino, altre cinque o sei la sera per i live streaming… sì, delle sessioni hard con richieste da casa. Reggere è una questione di testa, è un lavoro, come il calcio: è tutta determinazione. Non so nemmeno in quanti film sono apparso. Una decina, credo. Ma non mi sono mai rivisto, non è una mia curiosità. Credo che proverei imbarazzo e non piacere”.

Con ambizione e determinazione è arrivato “a un livello dell’hard per cui potevo solo diventare professionista, ma non volevo lasciare il calcio, quello viene prima”. Qualche rinuncia, però, ha dovuto farla anche sul campo: “Ho dovuto lasciare la serie D per reggere. È un campionato già impegnativo, quello. Si viaggia, non avrei avuto l’energia né il tempo né l’autorizzazione da parte della società a trattenermi in Ungheria per le riprese. Giocando in Promozione si può”.