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J-Ax: 20 anni di successi

J-Ax

J-Ax il personaggio discusso, quello che non piace ai giornalisti, quello che fuma marijuana e che è libero da qualsiasi tipo di condizionamento. J-Ax, 44 anni, tira le somme della sua carriera in un'intervista Alla domanda come ci si ente agli "anta" , Ax risponde. "Ero più in crisi quan...

J-Ax il personaggio discusso, quello che non piace ai giornalisti, quello che fuma marijuana e che è libero da qualsiasi tipo di condizionamento.

J-Ax, 44 anni, tira le somme della sua carriera in un’intervista

Alla domanda come ci si ente agli “anta” , Ax risponde.

“Ero più in crisi quando feci i trenta, per la verità. Sarà il fatto che ho smesso con le canne, ho iniziato a mangiare bene e a fare sport. Come vizi mi sono rimaste giusto le sigarette. Ma non mi sento diverso. Anzi, adesso posso essere un ribelle veramente. Perché sapete come funziona: uno compie quarant’anni, si mette la giacca e attacca con le canzoni d’amore. Col cazzo. Io sono ancora com’ero una volta…”

Ax che lavora nella musica da 20 anni, Ax a cui viene chiesto come ha visto cambiare l’Italia in questo lasso di tempo:

“Ne parlo giusto in ‘Tutta scena’, il mio singolo in radio in questi giorni. Tutti hanno il loro cliché: l’intellettuale di sinistra col tabacco, le cartine e Che Guevara. Poi ci sono i nerd, e i maniaci dell’hi-tech. Il vescovo anti-gay palesemente omosessuale e l’indie-rocker che dice di essere bisessuale e poi è pieno di ragazze e con un uomo non s’è mai visto. C’è un denominatore comune tra quando iniziai e oggi. Sono un figlio degli anni Ottanta e sono abituato a restare al passo coi tempi. Tutto è una posa. Il mio lavoro è farmi beffa dei miei padroni e poi cantare i loro segreti, come dicevo con gli Articolo 31 in “Consigli di un pirla”. Svelare quello che c’è dietro alla scena. Ditemi pure che faccio cagare, ma non ditemi che sono finto. Io magari dipingo a tinte forti, in modo caricaturale, ma non ho mai detto bugie. Cosa è cambiato da allora? Quasi niente. Allora la stampa per liquidarmi diceva che avevo un pubblico di tredicenni, adesso succede la stessa cosa. Poi basta andare a vedere i miei video dal vivo su Youtube per vedere che non è vero. Forse è che sono io poco furbo a porgermi in un certo modo nei confronti di certe èlite intellettuali, ma credo che quando dici la verità sei bipartisan, e infastidisci tutti. Sono antifascista da sempre ma non sono mai entrato nell’establishment della sinistra. Dicevo delle cose sui politici e mi davano del populista. Poi si scopre che il tesoriere della Margherita, Lusi, s’è fregato 13 milioni di euro. Come la mettiamo? Io se dico delle cose le dico perché ne ho riscontro. E’ come dire che il cielo è blu e beccarsi del qualunquista. Cosa devo dire, che è grigio? No, cazzo: alza la testa, non vedi che è blu?”

Ma secondo Ax, il “Funkytarro” era un ritratto oppure un autoritratto?

“Usavo la prima persona, ma non è che fosse un autoritratto: difendevo i tamarri. Gente che veniva snobbata da tutti, tanto dai centri sociali quanto dalle feste in discoteca, perché totalmente fuori da qualsiasi corrente…”

E del pezzo “mamma che si droga” Ax cosa racconta?

“Quella l’ho scritta per rispondere a chi mi dava del drogato solo perché mi facevo le canne. Tutti si drogano. La droga non è solo quella illegale. Droga è tutto ciò che dà dipendenza. Chiunque può trasformare in droga qualsiasi cosa. Anche una cosa assolutamente innocua, come i broccoli, può trasformarsi in droga. In tanti abbiamo una ‘personalità da dipendenza’, fenomeno che non è mai stato studiato in profondità. Per dire, ho smesso di farmi le canne: adesso le ho sostituite con Twitter. Ma da piccolo, quando ero triste, mi mettevo in un angolo da solo e mi ingozzavo di Duplo…”

Adesso sei arrivato alle “Domenica da coma”: scenari quasi alla “American beauty”, descritti con una sguardo sempre più tagliente…

“Domenica da coma” è un’idea che avevo prima ancora di iniziare con gli Articolo. Quando iniziai a fare rap cancellai il mio passato: la situazione richiedeva di essere duri e puri. Adesso, a quarant’anni, ho sentito l’esigenza di raccontare davvero chi fosse Alessandro Aleotti, dopo aver raccontato per così tanto tempo J-Ax. “Domenica da coma” è stata la mia domenica pre-rap, ma allora non avevo le armi per descriverla. Poi ho scoperto quale fosse il punto: il lavoro è una truffa. Non è vero che si debba lavorare sempre di più per vivere: potremmo lavorare tutti molto meno riuscendo comunque a vivere dignitosamente. Sono i poteri forti che usano questo inganno per tenerci buoni, occupandoci, e cercando di non farci accorgere come in questo modo ci stiano rubando il 90% della vita. Non possono pretendere di prenderci cinque giorni a settimana della nostra vita e poi lasciarcene solo due per costruircela. Io ci sono potuto arrivare grazie al lavoro che faccio: è stata la gente a salvarmi dalle domeniche da coma. Questa era l’ultima idea che avevo nel cassetto, che – roba curiosa – era anche tra le prime…”

E perché nonostante la tua lunga carriera J-Ax avrebbe scritto solo un libro? Che sarebbe “I pensieri di nessuno” , del 1998.

“Per la verità quello non è nemmeno un libro. All’epoca andavo da uno psicologo che mi aveva consigliato di tenere un diario, e io l’ho pubblicato tale e quale. Erano i tempi di “Tranqui funky” e allora ero passato da una stretta notorietà di nicchia ad una fama simile a quella di un Daniele Interrante o simili. C’erano vallette e ragazze della TV che mi cercavano per scopare manco fossi Berlusconi. Questa cosa mi sconvolse la vita, ed arrivai ad un punto di saturazione. Poi presi a frequentare questo analista che mi consigliò di tenere un diario. Comunque mi piace leggere: ultimamente mi sto dedicando a Palahniuk, dall’inizio alla fine. Il fatto è che non voglio scrivere il classico libro del cantante. Quello lo potrà scrivere Mattia (dello staff della Best Sound, etichetta indipendente di J-Ax, ndr), che è molto più giovane di me e che una volta che sarò lì lì per schiattare metterà nero su bianco quello che ho fatto, girando i proventi delle vendite ai miei figli, semmai ne avrò. Come dicevo prima, con “Meglio prima” sto chiudendo un ciclo, e tutto quello che ho da dire per il momento lo sto dicendo coi dischi. In realtà ho un’idea per un libro, ma è un romanzo. Quindi, per farlo bene, dovrei fermarmi e dedicarmici completamente. Il fatto è che prima dovrei imparare a scrivere, perché un conto è scrivere il testo di una canzone, ma un romanzo è tutta un’altra cosa. Dovrei proprio andare a scuola, per riuscire ad approfondire la personalità dei personaggi, valorizzare l’intreccio e tutto il resto. La trama non avrebbe nulla a che fare con la mia storia, almeno non in modo esplicito. Verrebbe fuori un tomo da almeno 500 pagine. I miei fan me lo chiedono spessissimo, ma credo che debbano accontentarsi del libro scritto da altri che uscirà tra poco. Perché non ho voglia né di fare un trattato alla Travaglio, perché a farli c’è già Travaglio che è molto più bravo di me, né me ne frega un cazzo di smascherare i segreti del musicbiz, perché sono tutti patetici segreti di Pulcinella, o di parlare della mia generazione, perché quella storia non è ancora finita. In questi anni stiamo vivendo cambiamenti forti, epocali, e quindi devo ancora vedere quali saranno gli sviluppi. Perché sono curioso: ora che la mia generazione è finalmente al potere, voglio vedere cosa saremo capaci di fare, e che piega saremo in grado di dare al mondo…”