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Aereo scomparso: gli esperti sostengono la tesi del suicidio

aereo scomparso a causa di pilota suicida

Svolta nelle ricerche dell'aereo malese MH370 scomparso: sostenuta dagli esperti la tesi del suicidio del pilota.

L’8 marzo 2014 è scomparso il volo MH370, con ben 239 persone a bordo. Dopo anni di ricerche approfondite, gli investigatori sono arrivati alla conclusione che «è stata un’azione fatta deliberatamente e pianificata in un periodo di tempo prolungato». Il ministro dei trasporti della Malaysia Airlines, Hishammuddin Hussein, al tempo, aveva esordito dicendo “Non abbiamo informazioni ma stiamo verificando tutte le possibilità”. Infatti, non veniva esclusa nemmeno l’ipotesi di terrorismo ed ogni pista era aperta, ma la spiegazione ora più plausibile, sostenuta dalla maggior parte degli esperti, è quella del suicidio.

Il suicidio come unica spiegazione

Tra gli innumerevoli investigatori specializzati in incidenti aerei che hanno lavorato al caso, emerge il nome di Larry Vance, il quale cerca di spiegare ciò che sembra essere accaduto negli ultimi istanti precedenti alla scomparsa: il pilota, prima di aver depressurizzato l’aereo e reso dunque i passeggeri e tutto l’equipaggio di volo privi di coscienza, avrebbe indossato una maschera dell’ossigeno, facendo precipitare l’aereo non con un impatto brusco ma con un atterraggio controllato, facendo così disperdere il minor numero possibile di detriti. D’altronde, non sarebbe stato facile far sparire un Boeing 777 in altro modo.

Il pilota, Zaharie Amad Shah, era stato subito messo in chiaro dalla compagnia aerea, non era uno sprovveduto, ma un professionista di 53 anni, con un’esperienza di 18mila ore di volo, ed era inoltre affiancato da un giovane primo ufficiale di bordo dell’età di 27 anni. La causa scatenante che ha portato a questo atto atroce, sembrerebbe dunque essere ricollegabile ad una questione personale: infatti l’uomo era in crisi con la moglie e non accettava il divorzio.

Il Boeing 777 partito alle ore 0.41 da Kuala Lumpur e diretto a Pechino, era pronto per un viaggio dalla durata di sei ore. Durante la notte, mentre sorvolava il mare a sud del Vietnam, se ne sono perse completamente le tracce. L’unica prova esistente, ovvero la famosa scia di petrolio lunga circa 20 chilometri individuata in mare nella zona della scomparsa, ha fatto presupporre alle autorità vietnamite che l’aereo fosse precipitato in mare, a 300 km dall’isola di Tho Chu, tra il Golfo di Thailandia e il Mar cinese meridionale: l’aereo ha infatti insolitamente seguito il confine tra la Thailandia e la Malaysia, facendo perdere le sue tracce dopo le 1.30 di mattina, ora locale. D’altronde, non sarebbe stato facile far sparire un velivolo di quel tipo in altro modo, se non manomettendo il sistema di rilevamento radar.

Le tracce della scelta

Ciò che ha fatto nascere il sospetto che si trattasse di una sorte voluta, è innanzitutto il fatto che non fu mandato nessun messaggio di allarme prima di perdere il contatto con la torre di controllo. Inoltre, un dettaglio non da poco, è il ritrovamento di un simulatore di volo con cui aveva provato una rotta analoga a quella seguita ai comandi del volo MH370. L’ultima prova che confermerebbe la tesi del suicidio è il fatto che il pilota, prima di porre fine al volo nonché alla sua vita e a quella di altre centinaia di persone, avrebbe sorvolato la città di Penang, il suo luogo natio, come se si trattasse di un ultimo saluto. Tutto ciò sembra assurdo, eppure non sarebbe il primo caso di aereo volutamente disperso.