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Cellula Isis Torino, tre dei cinque indagati ricorrono in Cassazione

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Cellula Isis Torino, tre dei cinque indagati decidono di fare ricorso in Cassazione. I cinque sono tutti indagati con l'accusa di terrorismo internazionale.

Cellula Isis Torino, tre dei cinque indagati decidono di fare ricorso in Cassazione. I cinque sono tutti indagati con l’accusa di terrorismo internazionale. I tunisini però non sono stati arrestati per problemi di procedura. I loro difensori, gli avvocati Sara Baldini e Massimo Parenti, lo annunciano in queste ore. Gli indagati sono sospettati di aver creato una cellula Isis Torino e la Procura della città piemontese è riuscita ad ottenere cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere.

Cellula Isis Torino

Si sospetta che cinque uomini di origine tunisina abbiano creato una cellula dell’Isis proprio in Italia. Ai cinque tunisini si aggiungono anche due altri sospettati che però al momento sono ancora fuori dalle indagini. Tre dei cinque al momento si trovano agli arresti domiciliari con l’accusa di spaccio di droga. Gli altri due invece non si riescono a rintracciare probabilmente si pensa che siano morti combattendo sul fronte siro-irakeno a causa dei bombardamenti. La procura di Torino, aveva annunciato la sua richiesta di arresto per i cinque sospettati lo scorso maggio. Ma lo scorso giungo un gip, ha respito la richiesta della procura.

Misure non eseguibili

I cinque indagati dai Ros dei carabinieri, per terrorismo internazionale, e coordinati dal pm Andrea Padalino non possono ancora essere arrestati. Il motivo sta nel fatto che gli indagati sono ancora in tempo per chiedere ricorso in Cassazione, cosa che hanno effettivamente fatto. Adesso bisognerà soltanto attendere la decisione della Corte Suprema. Si attende se la Corte deciderà di accogliere la tesi della procura, in questo caso, le misure sui cinque indagati potranno essere applicate.

Il ricorso

Andrea Padalino, il pm che coordina le operazione che stanno dietro l’indagine dei cinque sospettati, ha deciso di fare ricorso al tribunale del riesame del Piemonte. Il quale lo ha assecondato dandogli ragione. Tutto è iniziato dopo che i Ros dei carabinieri piemontesi hanno fatto una segnalazione, motivo che ha fatto partire l’inchiesta.

La segnalazione è partita dopo che gli agenti hanno effettuato una verifica del profilo facebook di uno dei tunisini. L’uomo è residente nella città di Torino e ha a suo carico svariati precedenti penali per spaccio di droga. Dal profilo social emerge che era in contatto con alcuni dei membri del Califfato. E questi, tramite il profilo facebook, avevano comunicato a lui la notizia della morte dei due amici.

La risposta

La sua risposta è stata la cosa che ha fatto preoccupare le forze dell’ordine. L’uomo ha dichiarato ai suoi interlocutori che avrebbe voluto tenere alto il ricordo dei due amici facendo quello che loro, orami, non potevano più fare. La volontà era quella di fare un attentato suicida da consumare proprio sulla Penisola. Dopo questa conversazione su facebook, il tunisino, si sarebbe allontanato da Torino per raggiungere una città toscana. I carabinieri lo hanno rintracciato e poi arrestato.

Le indagini

Le indagini però non si sono limitate a questo. Si sono diramate ed estese fino alla rete islamica, che stava perendendo molto potere nella città piemontese di Torino e limitrofe. La cittadina presa di mira più di tutte, oltre alla stessa Torino, è Rivalta. In questa cittadino abitava colui che faceva parte dei foreign fighters rimasto ucciso in Siria.