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Coronavirus, i numeri dei contagi e dei morti in Cina non tornano

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Non tornerebbero i numeri dei contagi in Cina, dal totale sarebbero sempre stati esclusi gli asintomatici.

Non si placano i dubbi sulla presunta manipolazione dei numeri dei contagi del coronavirus che sarebbe stata fatta in Cina dal governo di Pechino. A rilanciare la vicenda è il South China Morning Post, un giornale cinese indipendente con sede ad Hong Kong e considerato affidabile anche dal mondo occidentale. Quest’ultimo ha divulgato un secondo un rapporto riservato in si evidenzierebbe come la Cina avrebbe nascosto volontariamente i numeri reali del contagio per diverse settimane. Nella precedente frase la parola su cui concentrarsi è volontariamente, visto che in questi giorni di pandemia un po’ tutto gli Stati del mondo hanno difficoltà a fornire dati veritieri sulla reale diffusione del virus, ma questa situazione è frutto di una grande stato di emergenza, mentre nel caso cinese sarebbe stato tutto deciso a tavolino.

I numeri dei contagi in Cina non tornano

Nello specifico, secondo il South China Morning Post, il governo cinese avrebbe escluso dal numero totale di casi contagiati i circa 43mila infetti asintomatici che si erano registrati a febbraio, il periodo più delicato dell’epidemia. Ecco dunque che se il totale di casi registrati e comunicati alla fine di quel mese era di circa 80mila unità, il numero reale, considerando anche gli asintomatici, sarebbe stato almeno di un terzo più alto.

Anche altri giornali locali hanno provato a lanciare l’allarme. A Wuhan una testata aveva sottolineato come in città, malgrado la riapertura dal lockdown durato 76 giorni, ci fossero ancora ventimila asintomatici. Quell’articolo è stato poi rimosso dal sito della testata. E ancora Caixin, altro giornale cinese che contesta il numero dei morti a Wuhan: i dati ufficiali riferiscono che siano 2.535, ma la realtà è che sarebbero molto di più. C’è poi l’inchiesta dalla CNN nella quale si evidenzia come l’esecutivo cinese abbia imposto alle università di non rendere pubbliche loro ricerche sulla pandemia senza prima l’espressa autorizzazione da parte dei palazzi del potere. La direttiva con cui si dava notizia dell’obbligo di non diffusione degli studi era stata pubblicata sui siti internet di molte università, ma questa è stata prontamente rimossa da tutte nel momento in cui è venuta alla luce l’indagine della CNN.
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