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Perché Donnarumma è una delusione da 6 milioni a stagione

Gigio Donnarumma @ Instagram

Dagli elogi prematuri ai pesanti errori: perché si è esagerato nel definire Gigio Donnarumma come futura certezza del nostro calcio.

Dalle stelle alle stalle, da eroe a quasi zimbello. È successo e succederà a tanti, nel frattempo il 9 maggio 2018 è stato il turno di Gianluigi Donnarumma. Con le sue due incertezze, leggasi papere, ha fortemente indirizzato una finale di Coppa Italia in cui il Milan stava lottando, per oltre un tempo, ad armi pari con la Juventus. Gli errori sui gol di Douglas Costa e Benatia, e più in generale una prestazione che trasuda acerbità, riportano in auge una domanda che negli ultimi mesi andava e veniva, a corrente alterna, a seconda delle prestazioni del 19enne di Castellammare di Stabia: Donnarumma rappresenta veramente il futuro del Milan e della Nazionale italiana?

Si sa, l’equilibrio spesso non è di casa quando si tratta di giudicare le prestazioni, ed è proprio per questo che chi innalzava il portiere rossonero a una specie di fenomeno poche settimane fa, quando una sua grande parata su Milik salvava il Milan dalla sconfitta col Napoli, si ritrova ora rintronato, deluso, forse un po’ stupito, di fronte al tracollo tecnico ed emotivo del ragazzo in un match dall’importanza vitale per la squadra di Gattuso.

Donnarumma, il percorso

Per trovare il filo conduttore di questo percorso che somiglia alle montagne russe tornano utili le dichiarazioni di Enrico Letta, ex Presidente del Consiglio e tifoso del Milan: “Donnarumma deve fare la maturità invece di pensare ai soldi”. Diretto, lapidario e azzeccato.

Saranno infatti le oltre 100 presenze col Milan e in Serie A, saranno le voci di mercato insistenti e ben alimentate dal procuratore Mino Raiola, ma la realtà è che, come suggerisce Letta, siamo di fronte a un ragazzo che ancora deve raggiungere la maturità. Scolastica, saltata l’anno scorso tra le polemiche, calcistica e personale.

L’esordio di Gigio Donnarumma, avvenuto a ottobre 2015 nella gara vinta dal Milan contro il Sassuolo, sotto la gestione di Sinisa Mihajlovic, era stato accompagnato dalle simpatie e speranze di tifosi, rossoneri e non. Comprensibile apprezzare il coraggio del tecnico, che relegò in panchina l’ex Real Madrid Diego Lopez, ancora più facile vedere di buon occhio quel ragazzone di 16 anni che si era calato nel ruolo con tanta naturalezza.

Soprattutto, era normalissimo che i sostenitori milanisti, in un periodo storico non facile per il club, si affezionassero a un giocatore proveniente dal vivaio di casa propria, vedendo in lui l’incarnazione delle speranze della società di tornare grande.

Le cose però cambiano, le persone al netto dell’età fanno delle scelte che comportano responsabilità, ed è sbagliato fossilizzarsi su un’immagine o una speranza, per quanto questa sia grande. È sbagliato per dovere di cronaca, ma anche per il bene della persona per cui si spera. Questo è ciò che è successo a Gianluigi Donnarumma, intrappolato in quel ruolo di teenager prodigio che in troppi hanno cercato di far resistere agli errori sul campo e agli strafalcioni fuori, impedendogli di intraprendere una strada che gli consentisse di sbagliare e crescere lontano dai riflettori. Una strada lungo la quale, forse, avrebbe già potuto trovare una maturità.

Il percorso battuto dal calciatore, da chi gli sta attorno, e anche dal Milan, è stato invece completamente diverso. Durante la sua seconda stagione, Donnarumma aveva confermato le importanti doti mostrate nell’anno del debutto in Serie A. Com’è normale che sia, le belle prestazioni erano alternate a qualche incertezza, e alla fine del campionato si poteva parlare di un’ottima promessa con grandi margini di crescita che aveva fatto nient’altro che il suo lavoro, subendo 45 gol in 38 partite.

Al contrario, è iniziata la tiritera del “futuro portiere dell’Italia”, il “successore di Buffon” a cui il Real Madrid, che nel frattempo inanellava una Champions League dopo l’altra, cominciava a pensare. È stato l’inizio della fine, perché il salto è stato breve e si è arrivati alla pietosa telenovela estiva, che dopo un tira e molla tra i dirigenti del Milan e Raiola, che minacciava l’addio del portiere, si è conclusa con il tanto sudato rinnovo di contratto: a Donnarumma, appena 18 enne, prolungamento fino al 2021 con stipendio da 6 milioni all’anno. Meritato sul campo, si diceva.

Oltre all’aumento salariale, il Milan pagava una sceneggiata ormai nota a livello internazionale, il malcontento dei tifosi, risentiti (giustamente) contro il giochino imbastito da Raiola e assistito, e l’arrivo del terzo portiere e fratello di Gigio, Antonio Donnarumma dal Genoa, pagato circa 1 milione all’anno per sedersi in panchina. Ma faceva tutto parte dell’accordo per non lasciarsi scappare l’enfant prodige.

Ora, a quasi un anno di distanza, viene da chiedersi se il Milan ci abbia veramente guadagnato. Smaltite le polemiche, non senza fatica, Donnarumma si è giocato questa stagione da titolare, confermando di fatto il trend del passato, senza un particolare salto di qualità: diverse buone parate, ma anche alcune papere, oltretutto in momenti non trascurabili. Da quella nella sconfitta in casa con l’Atalanta, all’errore all’Emirates Stadium nel ritorno degli ottavi di finale di Europa League contro l’Arsenal sul gol di Xhaka, fino ad arrivare al tracollo della finale di Coppa Italia. Ritratto recentemente sulla copertina di Topolino, col nomignolo scherzoso di “Paperumma“, il portiere ha finito per imitare un po’ troppo spesso la sua caricatura.

È legittimo chiedersi se altri calciatori, messi al suo posto, avrebbero beneficiato della benevolenza con cui si tende a dimenticare le incertezze di Donnarumma, forse in virtù semplicemente della sua carta di identità. L’età gioca a suo favore, senza dubbio, ma indicarlo come fenomeno, e non rivedere in alcun modo l’assunto anche dopo prestazioni tutt’altro che confortanti nuoce alla lucidità della critica e a lui stesso.

Reputazione guadagnata sul campo

Cosa dovrebbe dire ad esempio Gianluigi Buffon, messo in dubbio al minimo errore dopo una carriera straordinaria e una reputazione veramente conquistata sul campo? Tanto si è parlato di un diritto quasi naturale di Donnarumma a succederlo tra i pali della Nazionale, ci si è però chiesti troppo poco se il rossonero fosse pronto a raccogliere l’eredità di uno dei portieri migliori della storia del calcio, dandolo quasi per scontato.

Come Donnarumma, Buffon ebbe il talento e la fortuna per esordire molto presto in Serie A, a soli 17 anni, dimostrando però di meritare quella fiducia con prestazioni che portarono il Parma al successo in Italia e in Europa, e valsero a lui il debutto con l’Italia a 19 anni.

Similmente si potrebbe dire dell’attuale portiere del Chelsea Thibaut Courtois, presentatosi al calcio internazionale vincendo l’Europa League da titolare a soli 20 anni con l’Atletico Madrid, con il quale poco dopo avrebbe vinto un campionato e raggiunto una finale di Champions League. Giocatori che si sono guadagnati rinnovi milionari e trasferimenti illustri grazie al rendimento sul campo, piuttosto che attraverso i capricci dei procuratori o un’immagine ideale appiccicata da qualcuno al momento dell’esordio.

Sul capitolo Nazionale, bisognerebbe anche riflettere sulla legittimità, ad oggi, della qualifica di Donnarumma a successore di Buffon, come si diceva. Portieri come Perin e Sirigu, che hanno mostrato maggiore continuità (infortuni permettendo), sembrano sistematicamente partire indietro nelle gerarchie rispetto al giocatore milanista, che si ritroverebbe probabilmente ad occupare l’ennesima posizione di rilievo senza che ci sia stata maturata l’esperienza, o il merito, per farlo.

Maturità, si torna sempre lì. La mossa del Milan di tesserare il portiere del Napoli Pepe Reina per la prossima stagione deve ancora essere spiegata: rimpiazzo del giocatore campano, che potrebbe partire in estate, o riserva d’esperienza preziosa nel cementare il gruppo? Chissà che, dopo aver scalzato Diego Lopez nel 2015, non sia Donnarumma a restare a Milano e perdere a sua volta il posto a favore di un altro portiere spagnolo.

Per Gigio sarebbe come ricominciare da zero, non necessariamente una cosa negativa: staccarsi l’etichetta di fenomeno a prescindere e imboccare una nuova strada, sulla quale crescere, sbagliare, imparare e finalmente raggiungere l’agognata maturità. O forse sarà il Milan, che tanto (troppo?) ha creduto in lui, a ripartire quest’estate da un incasso milionario e una certezza più solida.