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L’ultimo Decreto dell’anno: la stretta finale a una vite spanata

giuseppe conte decreto natale

Tra incertezze e cambi a distanza di poche ore, è arrivato l'ultimo Decreto dell'anno: non era meglio stringere i denti ed entrare in un'unica striscia rossa fino alla Befana, se è davvero questa l’unica via per scongiurare la terza ondata?

Come fa a essere chiaro un semaforo lampeggiante in tilt? Come fa a non creare incidenti, a non indurre in errori, a non suscitare ingorghi di critiche e polemiche? Questo giorno ci si può muovere tra regioni; il giorno dopo neppure tra comuni, tranne quelli con meno di 5mila abitanti; quello dopo ancora non puoi uscire nemmeno di casa. Oggi è giallo, domani e dopodomani rosso, poi torna giallo. Al tavolino del bar si può stare in 4; a quello del ristorante in 6; a quello di casa 3+2 esterni ai conviventi, che devono risiedere però nello stesso comune e rincasare alle 22. Meglio se vecchi, soli e malandati. I bambini non contano, gli animali neanche. Ma sono raccomandazioni, nessun agente in borghese busserà alle nostre porte.

L’ultimo Decreto dell’anno

Ci si mettono, al solito, pure i governatori a frazionare ulteriormente il pixelaggio della penisola: in quella zona puoi muoverti fino alle 14, in quella accanto fino alle 21; per accedere in quell’area serve il tampone, a meno che non sei un pendolare; in quell’altra l’autocertificazione. Lì resta arancione, là torna giallognolo, laggiù rossastro. Ne abbiamo sentite e provate di ogni negli ultimi giorni. I media hanno elaborato grafici e tabelle, ma in tanti non c’hanno capito ancora niente. Il nuovo Decreto notturno del 18 dicembre è stato rallentato dalla liberazione dei pescatori, dai capricci di Renzi e dalla rinnovata mission impossibile di trovare un’ampia condivisione che scontentasse il meno possibile – giovani e vecchi, imprenditori e lavoratori, laici e religiosi – salvando capra e cavoli: la tenuta sanitaria ed economica del Paese. Finendo col compromettere entrambe. Tardi, ma alla fine il Decreto è arrivato. E per le prossime tre settimane ormai ci ha sistemato: per capire cosa accadrà dal 7 gennaio in poi ce ne vorrà un ennesimo.

Sono due gli aspetti che hanno spinto il Cts, sostenuto dal Pd, a costringere Conte a ritoccare quello di Natale, a due settimane esatte dal suo varo. Il primo sono le curve pericolose: ricoveri e decessi sono cifre assolute, ma le percentuali elaborate dai contagi per ricavare indice Rt e rapporto tamponi-positivi calano troppo lentamente per fotografare ancora solo i contatti avvenuti tra fine novembre e inizio mese, quando in Italia c’erano macchie rosse e arancioni più estese e permanenti. L’effetto-contagio provocato dal giallo diffuso dal 3 dicembre si apprezzerà proprio a partire dai prossimi giorni. E non c’è da essere ottimisti visto il secondo aspetto che ha spaventato l’ingenuo governo e guidato l’ulteriore inasprimento: la ressa, impressionante ma legale, vista nei weekend nelle vie dello shopping cittadino.

Il premier ha lasciato agli italiani anche quello del 19-20 per sfogarsi: l’ultimo a precedere il primo giro di chiave, agli spostamenti interregionali, già previsto dallo scorso Decreto. Poi comincerà la luce a intermittenza. Incrociamo le dita. Ormai è chiaro: più si apre il rubinetto, più il livello risale. Se ogni volta che l’infezione scende si risolleva il sipario, tempo 15 giorni ed è già tempo di calarlo di nuovo. Forse valeva la pena stringerlo qualche giorno prima anziché arrivare fino alla Vigilia. Non era meglio stringere i denti ed entrare in un’unica striscia rossa fino alla Befana, come non si preoccupano di fare in altri paesi europei, se è davvero questa l’unica via per scongiurare la terza ondata e provare a rinnestare la marcia da metà gennaio? Bisognava aggrovigliarsi in questo andirivieni di misure, in questo corto circuito di sfumature di rosso, con una campagna vaccinale data al via tra una settimana? Un intrico cromatico di regole e dispense pari solo a quello per districarsi tra bonus e ristori. La stretta di Palazzo Chigi è a un rubinetto che perde, a una vite spanata.

La situazione a Wuhan

E intanto a Wuhan, dove un anno fa è iniziato tutto, oggi la gente s’incontra alle feste e brinda al 2021 nei locali, senza mascherine e alla faccia nostra, che la indosseremo invece chissà per quanto ancora. L’epidemia alle spalle, là è tornato davvero tutto come prima. O quasi. Il coronavirus lascerà una cicatrice indelebile nell’umanità anche là dove diventerà un ricordo del passato insieme ai termoscanner e ai gel all’ingresso dei negozi. Il lockdown in Cina è stato quello vero, la vaccinazione è in fase già avanzata e nella città-focolaio, isolata per mesi dal resto del mondo, gli 11 milioni di residenti adesso si baciano e abbracciano. Sono immagini che non devono suscitare astio o invidia ma fiducia. Vuol dire che si può fare: torneremo così anche noi.