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Enrico Letta si candida alla segreteria del Pd: "Lo faccio per amore della politica"

Letta verso segreteria Pd

La segreteria Pd passa da Nicola Zingaretti a Enrico Letta: arriva il sì dell'ex premier, in attesa dell'assemblea nazionale di domenica.

Enrico Letta ha sciolto la riserva e ha accettato la segreteria del Pd dopo le dimissioni del precedente segretario di partito Nicola Zingaretti. L’ex premier, insignito della nomina, aveva chiesto 48 ore di tempo per pensarci e soprattutto per porre le proprie condizioni affinché la sua non fosse una segreteria da traghettatore, ma anzi una guida che potesse permettergli di lavorare alla rifondazione della forza politica fino al 2023, quando dovrà esserci un nuovo congresso. Letta è sembrato fin da subito essere il nome che mette tutti d’accordo, anche gli ex renziani di base riformista che, pur con qualche mal di pancia, sembrano aver accettato l’arrivo al comando dell’ex Presidente del Consiglio poi sostituito da Renzi stesso. Il sì di Letta dovrà trovare conferma nell’elezione dell’assemblea nazionale prevista per domenica 14.

Letta verso la segreteria del Pd

Oltre alla condizioni poste, Letta avrebbe già anche delineato le idee che vorrebbe portare nel suo Pd, cercando in tutti i modi di riportarlo tra i cittadini, uscendo dunque dalla critica che spesso si rivolge ai dem di essere la forza politica delle Ztl, ovvero dei quartieri benestanti del centro delle grandi città. C’è poi il rapporto con il governo Draghi che per il segretario in pectore andrebbe rafforzato e allargato ad altri temi aggiunti a quelli dei vaccini e del Recovery fund, per fare del Pd la forza politica perno della nuova maggioranza. Letta gode di stima sia a Palazzo Chigi che al Quirinale, motivo che potrebbe facilitarlo nella sua nuova politica di rilancio del partito democratico.

C’è poi il rapporto con gli ex alleati di governo del MoVimento 5 Stelle che andrà rivisto e aggiornato anche in virtù di quanto sta avvenendo all’interno dei pentastellati stessi. Letta dovrà riuscire a tenere da una parte i dissidi interni al Pd nei confronti di una forza politica a lungo avversa e dall’altra non incappare nell’errore già commesso da Zingaretti di finire ingabbiato in un patto di alleanza forzato in cui la parte debole è apparsa agli occhi dei cittadini proprio il Pd.