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Coronavirus e sindrome di Kawasaki, i pediatri rassicurano i genitori

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Diversi pediatri hanno invitato i genitori italiani a non sottovalutare i sintomi della sindrome di Kawasaki, recentemente correlata al coronavirus.

A seguito delle ultime notizie in merito alla sindrome di Kawasaki, e alla sua presunta correlazione con il coronavirus, i pediatri italiani hanno voluto rassicurare i genitori ribadendo l’esistenza di una terapia efficace per la cura della malattia. Allo stesso tempo però i medici hanno sottolineato l’importanza di non sottovalutare i sintomi della sindrome di Kawasaki, esortando a portare i propri figli in ospedale nel caso la malattia dovesse insorgere.

Coronavirus e sindrome di Kawasaki

A tal proposito di è espresso anche il dottor Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria, che in merito alla comparso dei primi sintomi ha affermato: “Sappiamo che in questo periodo la paura del coronavirus sta tenendo molte persone lontane dagli ospedali. Ma è un errore grave. La mia raccomandazione è quella di non sottovalutare i sintomi spia: febbre sopra 38,5 per cinque giorni che non risponde a terapia, congiuntivite, linfonodi del collo ingrossati, gonfiore sul dorso delle mani o dei piedi, labbra e lingua ingrossate, macchie sul corpo”.

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Fino ad oggi la sindrome di Kawasaki era considerata una malattia piuttosto rara, ma l’aumentare dei casi in concomitanza con la pandemia di coronavirus nel mondo ha portato la comunità scientifica ad interrogarsi in merito ad una possibile correlazione con quest’ultima. Lo afferma anche Angelo Ravelli, primario di reumatologia all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova: “Anche noi abbiamo visto cinque casi in tre settimane. Normalmente ne vediamo otto o nove all’anno. […] La Kawasaki è nota dal 1967. Non ne conosciamo la causa esatta, ma c’era già il sospetto che potesse avere a che fare con un’infezione”. Ravelli ha poi specificato che dei cinque bambini con la Kawasaki curati al Gaslini due erano risultati positivi al coronavirus, mentre gli altri erano comunque enetrati in contatto con persone infette.

La terapia esistente

Un’ulteriore analogia tra il coronavirus e la sindrome di Kawasaki riguarda la reazione dell’organismo umano alle due malattie. Per entrambe infatti si assiste ad un’attivazione caotica e spropositata del sistema immunitario che può portare ad un infiammazione del muscolo cardiaco. Come precisa sempre il professor Ravelli però: “Senza un trattamento, nel 25% dei casi vediamo svilupparsi un aneurisma. […] Ma essendo una malattia nota da tempo, abbiamo una terapia efficace. Il rischio di aneurismi può essere ridotto al 4-5% con la somministrazione di alte dosi di immunoglobuline”.

La scoperta di una possibile correlazione tra le due patologie potrebbe inoltre essere di vitale importanza per la cura di entrambe, con importanti ricadute sulla salute dei bambini al di sotto dei cinque anni: “Può essere l’occasione giusta per gettare luce dopo oltre 50 anni sulle cause della sindrome di Kawasaki. E se un vaccino contro il coronavirus verrà trovato, potremmo forse anche curarla all’origine.