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Covid, virus mutato D614G può essere 13 volte più contagioso

Covid

Il Coronavirus mutato D614G è 13 volte più contagioso rispetto alla forma originale, secondo la prova fatta in laboratorio.

Il Coronavirus sta viaggiando alla velocità della luce. La mutazione D614G, che si è diffusa dall’Europa nel corso dei mesi, è 13 volte più contagiosa rispetto al virus originale, quello che si è scatenato a Wuhan. La prova è stata fatta in laboratorio, con i limiti degli esperimenti in vitro, all’Università del Texas a Galveston ed è stata pubblicata su Nature.

Covid mutato D614G

La versione mutata del Covid e quella originaria sono state messe a contatto con cellule umane delle vie respiratorie, per fare un confronto del tasso di infezione nelle due piastre. Nelle condizioni di laboratorio, l’infettività è risultata maggiore di 13,9 volte. D614G si è rivelato stabile anche ad alte temperature e questo spiegherebbe il motivo per cui durante l’estate non si sia fermato in diverse zone del mondo. Questa non è un’ipotesi nuova, ma stupisce l’entità del salto rispetto alla prima versione. “Il virus muta a ogni sua replicazione, questo è normale ma nel suo genoma si fissano solo le varianti che gli convengono. D614G, che favorisce il contagio, ormai si è diffusa ovunque, Cina compresa. Ed è uno dei motivi per cui oggi l’epidemia galoppa. Con un virus così abile nello sfruttare ogni opportunità, non era il caso di passare un’estate con poche regole” ha spiegato Massimo Ciccozzi, responsabile del laboratorio di statistica medica ed epidemiologica del Campus Biomedico a Roma. I ricercatori di Houston, a settembre, hanno calcolato che D614G era presente nel 99,9% dei campioni di Coronavirus della città. A marzo era al 71%. I microbiologi di Galveston hanno infettato delle cavie con due varianti del coronavirus e hanno visto che gli animali con D614G producevano più anticorpi neutralizzanti. L’infezione produceva cariche virali più alte, ma tendeva a fermarsi nella parte alta delle vie respiratorie, scendendo meno frequentemente nei polmoni. Avere più virus nel naso e nella gola favorisce di più il contagio.

Lo studio di Nature non vuole dire che il virus mutato sia meno aggressivo, ma si tratta di un’ipotesi che i ricercatori stanno valutando. Il tasso di letalità è intorno all’1%, ovvero dieci volte più alto dell’influenza ma dieci volte più basso della prima sarà. “L’interesse del virus è non uccidere il suo ospite, ma adattarsi a esso. Con il tempo, l’evoluzione lo porterà a essere meno aggressivo e a farci ammalare più lievemente. Non sappiamo se questo processo sia già iniziato, ma lo stiamo studiando, ad esempio andando a cercare se gli asintomatici ospitano virus con particolari caratteristiche genetiche” ha spiegato Ciccozzi. “Dobbiamo essere consci di avere a che fare con un microbo molto infettivo. L’Rt oggi ci dice che ogni positivo ne contagia altri due. Ma è solo una media. Sappiamo in realtà che se partecipiamo a una cena con un amico infetto, tutte le persone che stanno attorno al tavolo senza mascherina sono a rischio, qualunque sia il loro numero” ha aggiunto.