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Cosa succede in italia in caso di interruzione nella fornitura di gas dalla Russia?

gas russia cucina

Secondo lo studio Eni, l'Italia senza il  gas dalla Russia potrebbe arrivare a circa 58,4 miliardi di metri cubi ma ne occorrono 70

 Secondo uno studio della Fondazione Eni ogni anno l’Italia ha bisogno di 70 miliardi di metri cubi di gas.  E l’Italia senza il  gas dalla Russia potrebbe arrivare a circa 58,4 miliardi di metri cubi.

L’avvertimento della Russia

La Russia combatte la guerra su due fronti. Quello militare contro l’esercito ucraino e quello diplomatico contro il resto del mondo, in particolare contro l’Europa che sta preparando un pacchetto di sanzioni che da quanto trapela,  potrebbe addirittura riguardare il settore energetico. E la Russia dal canto suo fa sapere che potrebbe chiudere il suo principale gasdotto verso la Germania se l’Occidente deciderà di vietare il petrolio russo.

Cosa accadrebbe in Italia se  la Russia smettesse di rifornirci di gas? 

Per rispondere a questa domanda, il Corriere della Sera ha pubblicato uno studio della Fondazione Eni-Enrico Mattei che, utilizzando specifici software di simulazione del mercato elettrico e del gas sotto diverse ipotesi, giunge alla conclusione che ” lo stop al gas russo, “è un’eventualità da scongiurare con forza” perché costringerebbe il governo a decidere un razionamento del gas. Ovvero,  dei “distacchi programmati”, che potrebbero comportare sia dei black out nella corrente elettrica sia tagli alle erogazioni di gas per uso industriale o per uso civile (riscaldamento e gas per cucinare).

La possibile strategia

Come si giunge a questo scenario ?  Senza il gas russo, attraverso un ’aumento delle importazioni dall’Algeria e dalla Libia, l’incremento della produzione nazionale e il potenziamento degli stoccaggi si  potrebbe arrivare  a 58,4 miliardi di metri cubi di gas (occorre ricoredare che nelll’ultimo periodo in Italia la media di gas utilizzato si è attestata attorno ai 70 miliardi di metri cubi). Al quale si potrebbe aggiungere una parte delle riserve strategiche.  Si ipotizza poi la riattivazione a pieno regime di due centrali a carbone che erano destinate alla chiusura e il massimo utilizzo delle altre cinque centrali a carbone con le conseguenze, anche ambientali del caso. 

Il settore più difficile da gestire, si legge nello studio pubblicato sul Corriere della Sera, ” sarebbe quello degli usi civili. Certo, anche qui si può ipotizzare un certo calo della domanda legato allo smart working, ma non tale da scongiurare misure di razionamento dell’energia elettrica”.