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Covid, positivo per 505 giorni: la storia del paziente record del Regno Unito 

Un paziente britannico ha avuto il covid per più di un anno

Nel convegno che si aprirà domani in Portogallo lo studio sul caso dell'uomo positivo per 505 giorni: la storia del paziente record del Regno Unito 

Covid, Long Covid e una forma di coronavirus che per ora non ha trovato paragoni, con un uomo risultato positivo per 505 giorni: la storia del paziente record del Regno Unito è diventata oggetto di uno studio che sarà presentato dai ricercatori britannici al Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive (Eccmid) in programma a Lisbona da domani, 23 aprile e fino al 26 aprile. E lo studio getta una premessa: non si tratta di Long Covid, in cui il virus viene eliminato dal corpo ma i sintomi persistono, ma di un caso di coronavirus che non ha mai abbandonato l’organismo del paziente per oltre un anno. 

Covid, positivo per 505 giorni

Si tratta del periodo più lungo di positività noto. In precedenza la durata più lunga era stata di 335 giorni, poco meno di un anno. Il paziente in questione era sintomatico ed è risultato positivo al Covid, poi pare si fosse negativizzato con vari test ma aveva sviluppato nuovamente i sintomi di Covid diversi mesi dopo. Hanno detto gli esperti: “Un test Pcr è risultato positivo e il sequenziamento del genoma del virus a questo punto ha mostrato che l’infezione era causata dalla variante Alpha, che però era stata eliminata dal Regno Unito”. 

La variante che era già scomparsa

Insomma, l’uomo aveva conservato una variante scomparsa e la “sequenza” suggerisce “che il virus fosse presente nell’organismo sin dall’infezione iniziale ma era rimasto inosservato”. I ricercatori del King’s College London e del Guy’s and St Thomas’ NHS Foundation Trust hanno intenzione di presentare lo studio sul paziente inglese e sui casi di altri nove malati risultati positivi al tampone per almeno due mesi. Le infezioni sono durate in media 73 giorni, ma in due pazienti è stata rilevata per più di un anno. Erano tutti pazienti esaminati tra marzo 2020 e dicembre 2021 e con un sistema immunitario era indebolito per svariate ragioni: trapianto d’organo, Hiv, cancro o terapie mediche per altre patologie.