> > Carlo Cracco e 80 chef firmano l’appello contro home restaurant

Carlo Cracco e 80 chef firmano l’appello contro home restaurant

ristoranti ristorazione

Il ritardo nel legiferare su attività di sharing economy nella ristorazione crea concorrenza sleale nel settore. Ne sono convinti anche chef stellati

Claudio Sadler, Carlo Cracco e Filippo Giordano insieme ad un’ottantina di chef hanno aderito all’appello/petizione contro il food truck e gli home restaurant lanciato dalla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), inviato anche ai due viceministri Luigi Di Maio e Matteo Salvini oltre che al ministro del Turismo Gian Marco Centinaio.

Impoverimento del settore

“La nostra ristorazione vale 300mila imprese, 85 miliardi di fatturato e 43 miliardi di valore aggiunto all’anno per 1 milione di occupati. Ora, poi, il settore sta vivendo una popolarità senza precedenti, con gli Chef famosi come attori e contesi come influencer, a dimostrazione che la cucina – da sempre strumento di comunicazione – è appetibile anche come strumento di consenso” si legge nell’appello.

Nonostante questo, avverte la Fipe, il settore “nei fatti rischia oggi un impoverimento senza precedenti” denunciando come “ogni giorno nelle scelte politiche si incentivano settori che effettuano di fatto somministrazione, senza essere sottoposti alle stesse regole che si applicano alla ristorazione e ai pubblici esercizi in generale”.

La questione del “pubblico esercizio”

L’attacco, se così si può definire, è contro il cosiddetto food truck. “Ci riferiamo agli operatori del settore agricolo, ai circoli privati, al terzo settore, ai negozi di vicinato, agli home restaurant, allo street food etc. Perché – viene spiegato – se non ti chiami ‘pubblico esercizio’, non importano i servizi igienici, la presenza di spazi per il personale, gli ambienti di lavorazione idonei, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di Pubblica Sicurezza“.

La Fipe chiede quindi al governo l’apertura di un tavolo su cui apparecchiare, è proprio il caso di dirlo, “una visione strategica complessiva e consapevole per il settore” perché “la disparità di condizioni non genera nel mercato soltanto concorrenza sleale, ma finisce per impoverire il mercato stesso nel momento in cui le attività di ristorazione chiudono, magari per reinventarsi in esercizi più semplici, dove tagliare i costi del servizio e di preparazione, con effetti immaginabili sulla qualità del prodotto, sui rischi alimentari dei consumatori, sull’occupazione del settore e l’attrattività delle nostre città”.

La replica di Home Restaurant Hotel

Sul piede di guerra Home Restaurant Hotel, piattaforma che aggreda questo tipo di attività proprie della sharing economy. Il Cda in una nota sostiene che l’intento della Fipe sarebbe quello di andare contro la delibera emessa dal Ministero dell’Interno in data 31 gennaio 2019 nella quale viene chiarito che “se l’attività di Home Restaurant è diretta a particolari soggetti ed è svolta occasionalmente, allora essa non sarà assoggettata alla disciplina di somministrazione di alimenti e bevande”.

“In caso contrario, e quindi se rivolta a un pubblico indistinto, sebbene esercitata occasionalmente, essa sarà classificata come somministrazione di alimenti e bevande” viene poi specificato. Home Restaurant Hotel assicura quindi: “Il nostro intento non è andare contro chi svolge quotidianamente un lavoro, paga le tasse, ha effettuato vari investimenti e deve portare avanti un’attività con tutte le difficoltà del nostro sistema fiscale”.

Viene sostenuto infatti il loro “è un servizio che viene reso con l’intento non di arricchirsi illegittimamente ma di far conoscere la propria passione e le proprie prelibatezze, prediligendo il km 0, la cultura locale e mettendo a disposizione la propria casa fornendo un clima casalingo“. Sulla base di questo la Fipe viene quindi invitata “a riflettere sulla questione ed a vedere gli Home Restaurant come un’attività di promozione e valorizzazione del territorio, col fine di arrivare insieme ad una legge che regolamenti tale attività”. Legge che attualmente dovrebbe essere ancora ferma in Senato.