> > Coronavirus, sequestrate mascherine cinesi importate da Irene Pivetti

Coronavirus, sequestrate mascherine cinesi importate da Irene Pivetti

mascherine sequestrate irene pivetti

Irene Pivetti è nei guai: la sua società commerciava mascherine contraffatte.

L’ex presidente della Camera dei Deputati, Irene Pivetti, è finita nei guai dopo che sono state sequestrate migliaia di mascherine cinesi importate da una società da lei amministrata. Alla ditta viene imputato reato di frode nell’esercizio del commercio per aver violato l’articolo 515 del codice penale. L’indagine, condotta dalla Procura di Savona, era scattata dopo che ad inizio aprile erano stati sequestrate in una farmacia della provincia ligure diversi dispositivi medici di protezione provenienti dalla Cina e con il marchio CE contraffatto. Inoltre queste erano state venduto con un rincaro esorbitante, si parla del +250 per cento. La società che aveva distribuito queste mascherine in Italia è la Only logistics Italia srl, di cui la Pivetti è amministratrice unica.

Migliaia di mascherine sequestrate ad Irene Pivetti

L’emergenza coronavirus e la necessità di mascherine su tutto il territorio nazionale, aveva permesso all’ex presidente della Camera di chiudere un contratto con la Protezione Civile in cui la sua società avrebbe garantito la fornitura di 15 milioni di mascherine a fronte del pagamento da parte dello Stato di 30 milioni di euro. La maggior parte del materiale medico è stato sequestrato dalla guardia di finanza al terminal 2 dell’aeroporto di Malpensa.

La difesa della Pivetti

L’ex esponente della Lega Nord si è così difesa in un’intervista al Corriere della Sera: “Il contratto con la mia società era stato firmato con la Protezione civile: le regole erano quelle, poi sono cambiate. Io ho rispettato tutto, e quell’operazione era pure in leggera perdita per me. La mia società ha iniziato a importare questa partita sulla base della legislazione prevista dal decreto legge del 2 marzo, che poi è stata recepita in senso assai restrittivo nel Cura Italia. Noi abbiamo rispettato quanto previsto dal contratto con la Protezione civile, soltanto che poi le regole sono cambiate in corsa, affidando all’Inail la competenza di certificare i dispositivi di protezione. Abusivamente si pensa che una persona che venti anni fa ha fatto politica non possa fare l’imprenditrice: sono stata colpita per il mio cognome, mi fossi chiamata Rossi non sarebbe successo nulla. Ma nel mio lavoro ho profuso anni di impegno e sacrifici”.