> > Palù: "Non c'è da preoccuparsi della variante inglese. Vaccini funzionano"

Palù: "Non c'è da preoccuparsi della variante inglese. Vaccini funzionano"

Palù variante inglese

"Mai nessuna pandemia causata da agenti virali è durata più di due anni", assicura il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco.

Mentre AstraZeneca assicura che il vaccino realizzato è efficace anche contro la variante inglese del Covid-19, Pfizer e Moderna stanno testando i rispettivi vaccini per confermare il loro funzionamento anche contro la mutazione britannica. E promettono che un vaccino apposito potrebbe essere creato in sole sei settimane. Ma Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, assicura: “I vaccini sono efficaci contro la variante inglese del Covid”.

Palù sui vaccini contro variante inglese

Intervistato dal Corriere della Sera, il virologo Giorgio Palù, neopresidente dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, commenta: “Non stupisce che la variante britannica del virus già circolasse in Italia. Ma questo non deve allarmare. Soprattutto non deve mettere in dubbio l’efficacia dei vaccini”. Analizzando i dati preliminari finora emersi, Palù sottolinea:Non c’è motivo di preoccuparsi. Questo ceppo ha un vantaggio selettivo rispetto ad altri ceppi che già circolavano e si sta imponendo per capacità di infettare e trasmettersi”.

Sulla variante inglese, “identificata all’inizio nel Sud-Est del Regno Unito” e “presente in diverse parti del mondo”, Palù ha fatto sapere che è stata “segnalata in Sudafrica, Olanda, Belgio in Danimarca. Ma anche in Italia su una persona che non ha mai viaggiato né avuto contatti con cittadini provenienti dal Regno Unito”.

Quindi ha ribadito: “Si presume sia più infettante e contagiosa anche per i giovani, ma mancano le prove. La variante ha acquisito questo vantaggio come ogni microbo vorrebbe fare, per persistere e propagarsi. Se i virus uccidono l’ospite rischiano l’estinzione”. Non è certo che la variante inglese sia più aggressiva, perché “il tasso di mortalità è rimasto lo stesso” . Per evolversi “un virus deve avere libertà di replicarsi in un organismo che non gli oppone resistenza, come quello di una persona immunodepressa”, informa il virologo.

“L’ipotesi è che il nuovo ceppo si sia originato in uno di questi individui o in un soggetto rimasto a lungo positivo dove il virus ha avuto il tempo di modificare indisturbato il suo corredo genetico. Poi sia stato selezionato con i trattamenti quali le trasfusioni di sangue iperimmune”. Così ha aggiunto il presidente dell’Aifa, il quale ha poi assicurato: Tutte le pandemie della storia causate da agenti virali, anche quelle ricorrenti, non sono durate più di due anni dal loro esordio. Questo significa che i virus finiscono per adattarsi all’uomo che a sua volta sviluppa naturalmente sistemi di difesa”.