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Maturità 2020, sul banco di prova c’è il Governo 

maturità 2020

Quest'anno una Maturità totalmente inedita nella storia della Repubblica e il vero esaminato è il Governo tra numerosi dubbi e diverse incertezze.

Lo screenshot mostra un registro elettronico, sfocato per motivi di privacy, postato da un insegnante su Facebook col titolo “Il ruolo educativo della Scuola ai tempi del Covid-19 in una foto”. Ogni riga corrisponde a un alunno. Ogni segno rosso/blu corrisponde a una insufficienza, mentre ogni segno verde a una sufficienza. “Risultato? Tutti ammessi all’anno successivo – scrive il docente -. La Scuola, quest’anno, ha insegnato ai ragazzi che non è necessario faticare, sacrificarsi e impegnarsi per raggiungere un obiettivo e un traguardo, soprattutto quando gli strumenti e le modalità sono anomale. Peccato che la vita funzioni diversamente. E questo gli studenti lo capiranno un giorno. Spero”.

screenshot registro elettronico

Maturità 2020

La formula “tutti promossi” ha riguardato una generazione intera, non solo i 500mila studenti che dopo tre mesi e mezzo tornano nelle scuole per affrontare una Maturità totalmente inedita nella storia della Repubblica. Ne chiede prova agli adolescenti chi per primo ne ha dimostrata poca, di maturità: il Ministero dell’Istruzione, che annunciando il “libera tutti” già ad aprile ha rischiato di rinforzare chi ha approfittato del lockdown per tirare ancor più i remi in barca e demotivare chi ha continuato invece a impegnarsi da remoto, risultando sempre “presente”.

Per fortuna non è andata ovunque così: se molte scuole come quella del post su Fb hanno scelto la via del 6 politico, molte altre hanno bocciato eccome. Da vari docenti interpellati sul campo in questi giorni, non si è trattato dei «casi particolari» della ministra Azzolina, di chi non s’è visto in classe manco prima del Covid o è a capo di una babygang. Alcuni licei, più seri, hanno bocciato chi non si è presentato neppure su Zoom. E non per problemi di connessione. Come l’esame di “maturità” così anche la scuola, nonostante si chiami dell’“obbligo”, ha ben poco di obbligatorio: il fatto che i dati sulla dispersione scolastica Eurostat cozzino con quelli del Miur significa che parliamo di un fenomeno sommerso, demandato alle telefonate dei prof a famiglie e servizi sociali, e che riguarda ogni anno decine di migliaia di giovani.

Dubbi sulle modalità d’esame

maturità 2020

Non è del tutto vero neanche che per i maturandi c’è solo un maxi-colloquio orale di un’ora. Il problema di matematica o l’elaborato sulle materie d’indirizzo è stato inviato online ai ragazzi e, naturalmente, risolto e consegnato il 13 giugno. Un barlume di prova scritta c’è stato e costituisce il primo dei 5 argomenti dell’orale, in cui bisogna capire quant’è farina del proprio sacco. Piuttosto non è detto che ci siano tutti e 6 gli esaminatori: al posto di qualcuno potrebbe esserci un monitor.

Si può chiedere infatti di essere dispensati per motivi di sicurezza e incontrare il candidato da remoto. Ma seppure a distanza e con la mascherina «è la fine di un ciclo e io voglio esserci fisicamente – dice Roberto Ingravalle, pedagogista e insegnante d’inglese -, perché è un rito di passaggio e i rituali sono importanti nella vita. C’è il pericolo che alla sindrome della ‘capanna’, in cui si scopre quanto si sta bene a casa, subentri quella della ‘grotta’, platonica, in cui si vive una realtà falsata» aggiunge Ingravalle, che non approva i colleghi di commissione collegati via Skype.

«La maggioranza degli studenti si è perfettamente abituata e anzi preferisce la didattica a distanza -conclude-, ma vedo che stanno prendendo molto seriamente questa maturità, perché comunque un voto sarà emesso e sono consapevoli che andrà a compensare la media dei crediti degli ultimi 3 anni».

È inoltre ancora possibile essere rimandati a settembre, alla frequentazione di corsi di recupero, probabilmente in presenza, insieme ai 17mila privatisti che non hanno potuto sostenere la prova di ammissione preliminare e “rimandati” per ora a luglio. È tutto pieno di “forse”, “al momento”, “sembra”. Come l’opzione di colmare il gap di chi non meritava la promozione con laboratori intensivi a parte, ad anno nuovo in corso, quando la presenza alternata (a sua volta solo una proposta) porrà la difficoltà di riuscire a svolgere quelli già previsti.

L’altra faccia della medaglia: gli insegnanti

Gli insegnanti si ritroveranno in classi disomogenee, squilibrate, costretti a rallentare il programma per colmare le lacune di alunni spinti avanti ma rimasti indietro. Bocciature, maturità e modalità di riapertura a settembre sono demandate all’organizzazione interna di ogni istituto che, in base a numero di iscritti e spazi disponibili, gestirà autonomamente la turnistica di afflussi in aula e accessi da pc. In questo clima di dubbio e attesa mezzo milione di ragazzi vive la notte prima degli esami e migliaia di famiglie ed educatori chiudono un anno scolastico che ricorderanno.

Al suo avvio, a settembre 2019, mancavano 120mila docenti e oltre il 50% di chi oggi ha una cattedra è precario. Il Miur, che ha indetto 3 bandi in 20 anni con regole sempre diverse, s’è deciso ora a farne 4: uno straordinario per la secondaria; due ordinari per primaria e secondaria; più una procedura straordinaria per l’abilitazione. In tutto 62mila posti in palio, metà di quelli che servono. Per aggiudicarseli la massa di candidati attesa fino al 31 luglio dovrà superare un setaccio di quiz scoraggiante: per sfoltire la rosa di aspiranti si comincia con una pre-selezione composta da rebus di logica stile Settimana enigmistica, domande d’inglese e quesiti su norme e decreti emanati in Italia e in Ue negli ultimi 30 anni in tema di legislazione scolastica. Poi due prove scritte e una orale, vertenti su l’intero scibile della propria classe di concorso: per Filosofia, ad esempio, tocca prepararsi da Talete a Chomsky. Nulla sulla conoscenza di quella dad che l’istituzione scolastica sta imparando a collaudare, a cui sarà in parte costretta nei prossimi anni e che rappresenta il sistema con cui i giovani affronteranno d’ora in poi gli esami nei successivi gradi di formazione e i colloqui di lavoro.

Sulle iscrizioni partite il 15 giugno già gravano all’orizzonte le nubi di ricorsi e polemiche che costellano i concorsi pubblici, come il caos creato dal precedente del 2016 che ha finito per licenziare degli assunti a tempo indeterminato. Non è dato ancora sapere dove, quando e soprattutto come si terranno questi nuovi, escluso che si svolgano tra le mura domestiche. Oltretutto sono ancora oggetto in queste ore di modifiche e novità: l’ultima è la “call veloce” per l’immissione in ruolo (in altre regioni rispetto a quella di pertinenza) per chi è già inserito nelle graduatorie di II e III fascia.

Anche il loro aggiornamento – rinviato inizialmente al 2021 con la scusa che, espletabile solo in formato cartaceo, avrebbe intasato gli uffici – pare sarà presto riattivato in digitale a livello provinciale. Altrimenti, tra chi è andato in pensione con Quota100 e chi ha rinunciato a una carriera impossibile e mal pagata, all’apertura dei cancelli si riproporrà l’atavica emergenza supplenti e la relativa pratica della messa a disposizione direttamente presso gli istituti. Ovunque ci si volti, tempi e modi del settore scuola sono avvolti da una nebbia di evanescenza, impalpabilità, volatilità di quelle che sono più idee che provvedimenti adottati.

Un po’ perché la curva dei contagi può improvvisamente risalire e mandare all’aria il castello di carta, un po’ per autentica incapacità nel prendere decisioni semplici e trasmetterle in maniera chiara ai destinatari. Una comunicazione istituzionale ambivalente, costruita su linee guida generiche e dichiarazioni spesso incoerenti con l’assicurazione di valutazioni rigorose e di un’istruzione di Serie A.